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SANTA MARIA DI SALA - «È una vigliaccata. Ronal Group si deve vergognare, e lo diremo a tutti i loro clienti di lusso». Non usa giri di parole il sindaco Luigi Brugnaro per definire la vicenda della Speedline, storica impresa di Santa Maria di Sala la cui proprietà vorrebbe delocalizzare in Polonia lasciando a casa più di 600 dipendenti.
CORTEO DI PROTESTA
Alla mobilitazione di ieri, partita in corteo dall'azienda e giunta a villa Farsetti, oltre ai dipendenti con le proprie famiglie, a cui si devono aggiungere i lavoratori dell'indotto, hanno partecipato un migliaio di persone. Una protesta vibrante, a cui hanno aderito tutti: istituzioni, amministratori locali e nazionali, politica bipartisan, Chiesa, sindacati, Confindustria e una marea di cittadini. «È una vertenza nazionale - prosegue dal palco il sindaco di Venezia e della Città Metropolitana - Siamo uniti per difendere il lavoro, di cui ci accorgiamo solo quando viene a mancare. Esiste il diritto a lavorare e a non essere rapinati. É ora di ragionare su diverse condizioni economiche, per esempio sulle Zls bloccate a Roma da troppo tempo. Non mi fermerò mai su queste cose. Sarà dura ragazzi, molto dura - conclude Brugnaro con la voce rotta dalla commozione - ma dalla Ronal dovranno chiedere scusa».
CONFINDUSTRIA
Anche Vincenzo Marinese si fa prendere dall'emozione, alzando la voce per quella che verrà definita un'insolita ma benvenuta adesione. «Siamo qui senza colori, figli dello stesso territorio - dice il presidente degli industriali - Io tutelo le imprese, ma non a tutti costi, soprattutto quando si nascondono dietro la delocalizzazione.
I LAVORATORI
«Perdiamo storia e tecnologia - dice Michele camminando in corteo - Qui sappiamo come si fanno le ruote, e non mi fido della sospensione della chiusura». Pure per Christian la sospensione «è un passo troppo corto; però sono contento per le veloci risposte istituzionali. Abbiamo prodotto meno, ma per via della crisi, mantenendo gli standard». Vicino a loro il deputato Pd Nicola Pellicani: «Devono restare qui, è un'eccellenza del territorio, e sarebbero controcorrente visto che tutti stanno tornando. No quindi alla sospensione, ma marcia indietro e rilanciare, investendo sull'automotive: le auto vanno fatte in Italia». E poi la Deborah, emozionata, dal palco. «Mi sono svegliata con la notizia; avevo lo sguardo perso nel vuoto, un incubo. Le mie colleghe piangevano, perché questa è casa nostra, ci hanno sempre difeso come una famiglia. Ma adesso come spieghiamo alle nostre di famiglie che non c'è futuro». E invece c'è ancora speranza, garantita dall'unione solidale di una giornata che ha voluto urlare: La nostra Italia non si rapina, Speedline deve restare a Tabina.
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