SANTA MARIA DI SALA - Per la procura c'era pervicacia nelle azioni e la volontà di svuotare il patrimonio del Tom Village. Per questo era stato chiesto...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 3 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
SANTA MARIA DI SALA - Per la procura c'era pervicacia nelle azioni e la volontà di svuotare il patrimonio del Tom Village. Per questo era stato chiesto l'arresto di Massimiliano Riolfo di Mira, Renato Celotto di Castelfranco Veneto (Treviso) e Luigi Ardizzoni di Lignano Sabbiadoro (Udine).
Secondo i riscontri del nucleo di polizia Economico Finanziaria della guardia di finanza di Venezia, i tre avrebbero avuto un ruolo determinante nella parabola amara del Tom Village, fallito a febbraio 2021 con un buco da 34 milioni di euro, ora sotto la guida di una nuova gestione che nulla ha a che vedere con i fatti dell'inchiesta. A loro - in attesa del pronunciamento della Corte di Cassazione sul rendere esecutivi gli arresti - sono stati sequestrati (in solido con altre cinque persone e due società) quasi 7 milioni di euro: parte del corrispettivo delle azione messe in piedi per svuotare le casse del centro commerciale. I loro arresti, respinti dal gip di Venezia, erano stati tramutati in domiciliari dal Riesame che aveva dato via libera ai sequestri rimettendo la custodia cautelare nelle mani dei Supremi giudici. Con i tre sono indagate altre undici persone: ci sono tutti i membri dei vari Cda che si sono succeduti negli anni presi in considerazione dall'inchiesta e i revisori dei conti.
Ma anche gli imprenditori che avevano emesso false fatture per operazioni inesistenti: i soldi invece di quei conti finivano - secondo la finanza - nelle tasche dei vertici del Tom Village. Sotto indagine anche l'avvocato arabo che si era spacciato per emiro e titolare di una società di Padova: in realtà era solo prestanome di una società riconducibile alla stessa gestione della Tom Village. Gli arabi erano venuti davvero in visita nello stabile di Santa Maria di Sala, ma quella era l'unica cosa vera di tutta l'operazione.
Sotto accusa c'è la prima acquisizione del centro commerciale, nel 2016: stando alle indagini la compravendita che aveva messo il Tom Village nelle mani di Riolfo si era chiusa in modo insolito: era risultato che i soldi usati per l'acquisto erano stati prestati proprio dalla Tom Village. Da lì erano seguite altre operazioni poco chiare come la cessione dell'azienda a un'altra società di Padova che (si diceva) era riconducibile a un emiro arabo. In realtà, nonostante gli arabi ci fossero, l'emiro altro non era che un avvocato (anche lui coinvolto nel fascicolo) che faceva da prestanome per la stessa società di Mira che stava vendendo il Tom Village. Poi false assunzioni, false fatture e persino il progetto (firmato Celotto) di un'apertura al mercato estero con tanto di consulenza mai fatta ma pagata da Tom Village. Allo studio di Celotto.
Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino