Nella cava dei veleni. «Di notte sentivamo i tir che scaricavano»

Nella cava dei veleni. «Di notte sentivamo i tir che scaricavano»
PAESE - «Una decina di anni fa qui non c'era praticamente nulla. Solo un'attività di cava e un pezzo di terra coltivato a granoturco. Poi, lentamente, hanno...

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PAESE - «Una decina di anni fa qui non c'era praticamente nulla. Solo un'attività di cava e un pezzo di terra coltivato a granoturco. Poi, lentamente, hanno iniziato ad arrivare dei camion. Non un grande movimento. Ma ne vedevamo alcuni imboccare i cancelli di notte o alle prime luci dell'alba. All'epoca il centro della cava era nascosto dalla montagna di terra scavata per costruire lo stabilimento della San Benedetto. Era difficile vedere cosa capitava all'interno. E alla fine sono spuntate le montagne di materiale». I cittadini che abitano a Padernello, tra via Vecelli  e via Nazionale, rappresentano la memoria storica dell'ex cava Campagnole. Ieri, dopo la notizia del sequestro da parte dei carabinieri forestali di circa 200mila tonnellate di materiale inquinato stivato negli anni dalla Cosmo Ambiente di Noale proprio nel ventre di quel sito, sono scesi in strada davanti ai cancelli dell'ex cava. Non per festeggiare. Impossibile davanti a possibili reati ambientali. Ma per far sentire le proprie ragioni. Soprattutto adesso.

LE PREOCCUPAZIONI
«Tutti sapevano che lì c'era quel materiale. Ci hanno accusato di dire cose inesatte. Quello che è successo, invece, purtroppo ci dà ragione mette in chiaro Leonella Grespan, assieme a Giulia Piva, Valerio Marconato e Bruno Grespan la verità sta venendo a galla. Chiediamo che ci sia quanto prima una bonifica completa e che l'ex cava venga ricomposta e rinaturalizzata. Speriamo torni a essere un polmone verde».
IL PROGETTO

Un anno e mezzo fa il Comune ha stretto un accordo con la Canzian, ditta proprietaria del sito, per convertire 80mila metri quadrati in zona industriale. Nessuno si espone direttamente. Ma in questo angolo di Paese tutti pensano che senza l'intervento dei carabinieri il materiale inquinato avrebbe potuto essere usato come fondo proprio per la nuova area produttiva. Quando domenica hanno visto un elicottero dei carabinieri volteggiare più volte a bassa quota sopra la cava hanno capito che stava succedendo qualcosa. E hanno tirato un sospiro di sollievo. Per loro, in particolare, è una questione di giustizia. Nell'ultimo anno, riuniti nel comitato cava Campagnole, hanno raccolto 4.654 firme contro il progetto della nuova zona industriale. «Avremmo voluto qualche bastone tra le ruote in meno rivela Grespan quando siamo andati dal sindaco Pietrobon ci ha detto di stare attenti a come parlavamo perché potevano partire denunce». «I sindaci di Quinto e Morgano aggiunge Piva hanno invece condiviso le nostre preoccupazioni. Va dato loro merito». Adesso non è ancora finita. «Il pericolo più grande resta l'inquinamento delle falde. Da quanto sappiamo, il materiale in questione è poggiato a terra, a pochi metri dalle falde stesse, senza teli impermeabili dice Faustino Lorenzetto, residente a Santa Cristina a Paese non possono solo dire: Qui comandiamo noi. L'acqua non segue i confini. A poca distanza, inoltre, ci sono i pozzi che riforniscono l'acquedotto di Venezia».
Mauro Favaro
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Il Gazzettino