Campi bloccati dalla troppa burocrazia, semina a rischio

Semina
L'Unione europea ha emanato il provvedimento, liberando terreni agricoli prima bloccati per far fronte alla crisi dei mangimi. L'Italia, però, non ha ancora...

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L'Unione europea ha emanato il provvedimento, liberando terreni agricoli prima bloccati per far fronte alla crisi dei mangimi. L'Italia, però, non ha ancora recepito la normativa comunitaria e non ha inviato alle sezioni della Coldiretti (quindi alle aziende agricole) i dettagli della nuova norma. Per questo oggi la Coldiretti friulana alza la voce e chiede che si faccia in fretta: alle porte, infatti, c'è la semina del mais, cruciale proprio per garantire l'aumento della produzione locale di mangimi.

PREOCCUPAZIONE
Se si perderà altro tempo, sfumerà una possibilità importante: incrementare il grado di autonomia produttiva del settore degli allevamenti, piegato dalla crisi dei mangimi. «L'Unione europea - ha spiegato Matteo Zolin (Coldiretti) - ha emanato la direttiva in modo ufficiale, ma manca il recepimento da parte dei singoli Stati». L'Ue ha mosso un passo importante per incentivare le aziende agricole a produrre di più e in prospettiva per far fronte a una possibile nuova crisi delle importazioni. L'ultima decisione della Commissione ha di fatto disinnescato il meccanismo secondo il quale il 5 per cento degli ettari di terreno deve rimanere a riposo. Si trattava di una norma licenziata a salvaguardia dell'ambiente e legata alle emissioni nocive, che però ora è stata temporaneamente sospesa. «E come Coldiretti del Friuli Venezia Giulia - ha spiegato il leader locale Matteo Zolin - abbiamo chiesto di poter sfruttare subito questa opportunità. Siamo in difficoltà sul fronte dei mangimi ed è fondamentale utilizzare anche quel 5 per cento di terreno a riposo per poter piantare mais già nei primi giorni di aprile. Ci troviamo di fronte a un'impennata speculativa senza alcun precedente storico. Ad essere danneggiati sono prima di tutto gli agricoltori, che non possono ribaltare sulle cooperative o sugli intermediari il costo eccessivo della materia prima. Siamo arrivati dove non dovevamo arrivare, con contratti già firmati e le mani legate».

I TEMPI
«In Italia - sospira Zolin - siamo bravissimi a recepire in ritardo decisioni che invece dovrebbero essere messe in campo subito. Stiamo mettendo premura al governo perché la premura ce l'abbiamo noi stessi. A breve parte la semina del mais e non sappiamo come muoverci». Ad oggi, infatti, senza una comunicazione da parte di Roma, tecnicamente rimarrebbe ancora in vigore il divieto di coltivare quel 5 per cento di terra che invece servirebbe. «Una piccola finestra temporale ce l'abbiamo ancora a disposizione - spiega sempre Zolin della Coldiretti -, ma si sta assottigliando ogni giorno di più. Le prime semine di mais sono già partite, anche se si può arrivare fino alla fine di aprile o massimo all'inizio del mese di maggio». Poche settimane, quindi, per sfruttare quel 5 per cento di terreno liberato dalla decisione ufficiale dell'Unione europea. «Dobbiamo anche considerare la concomitanza con le festività: Pasqua, il 25 aprile, il Primo maggio, tutte date che intralciano l'operatività del provvedimento e il suo iter», sono i timori espressi dal rappresentante friulano della Coldiretti.

LE CONSEGUENZE


Il 5 per cento, va ricordato, è considerato dalla norma europea per ogni azienda agricola. Quindi è una misura variabile a seconda degli ettari che ogni proprietario sa di avere a disposizione. «Se non sarà centrata la scadenza del mais - conclude Zolin - dovremo concentrarci sulla soia, che si semina tra la fine di maggio e l'inizio di giugno». Ma in una terra fatta principalmente di colture di mais non sarà certamente la stessa cosa.

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Il Gazzettino