Benetton immobiliare assolta dall'accusa di evasione fiscale all'estero

Gilberto Benetton
TREVISO - Quando sta ormai per finire l’annus horribilis della famiglia Benetton, arriva una buona notizia per il gruppo di Ponzano Veneto. Cattiva per l’erario,...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
99,98€
40€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
49,99€
19€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
 
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
4,99€
1€ AL MESE
Per 3 mesi
ATTIVA SUBITO
 
ANNUALE
49,99€
11,99€
Per 1 anno
ATTIVA SUBITO
2 ANNI
99,98€
29€
Per 2 anni
ATTIVA SUBITO
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 3 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
TREVISO - Quando sta ormai per finire l’annus horribilis della famiglia Benetton, arriva una buona notizia per il gruppo di Ponzano Veneto. Cattiva per l’erario, invece, visto che la Commissione tributaria provinciale di Treviso ha accolto il ricorso di Edizione Property contro l’Agenzia delle Entrate. Al netto del prevedibile appello da parte di quest’ultima, la sentenza pronunciata il 6 novembre e depositata il 4 dicembre dispone l’annullamento dell’avviso di accertamento relativo ad una presunta evasione fiscale da 13,5 milioni di euro, relativa a operazioni in  Lussemburgo che erano tornate alla ribalta in occasione delle polemiche seguite alla tragedia di Genova.


I DRAMMI 
Prima del drammatico crollo del ponte Morandi con le sue 43 vittime il 14 agosto, c’erano state la morte di Fioravante Bertagnin, marito di Giuliana, il 6 febbraio e la scomparsa di Carlo, il più giovane dei quattro fratelli Benetton, il 10 luglio. Poi il 22 ottobre era seguito l’addio a Gilberto, l’uomo della finanza all’interno della dynasty trevigiana. È proprio come un risarcimento postumo alla sua memoria, oltraggiata dagli insulti sui social e ferita dal gelo della politica, che ora dai suoi familiari e collaboratori viene letto il verdetto dei giudici tributari di primo grado. Al centro della vicenda è infatti la Spa da lui presieduta, frutto del riassetto che nel 2015 aveva visto la tripartizione degli affari tra Benetton Group (retail), Olimpias (produzione) ed appunto Edizione Property (immobiliare). A quest’ultima, derivata dalla trasformazione della società Schema Trentanove e di cui è ora legale rappresentante Mauro Fava, fanno attualmente capo 112 cespiti, per un totale di 204.000 metri quadri lordi, tra cui spiccano gioielli come il Fondaco dei Tedeschi a Venezia e il palazzo sugli Champs-Élysées a Parigi.

LA VERIFICA
Il 1° febbraio 2016 gli ispettori del fisco avevano iniziato la verifica, anche con accesso alla sua sede legale, «al fine di controllare il corretto assolvimento dell’obbligazione tributaria per il periodo di imposta 2013, poi estesa anche al 2012». L’attività era terminata il 21 aprile, con la notifica del processo verbale di constatazione, con il quale l’ufficio asseriva di aver rilevato una violazione della disciplina prevista per le imprese estere controllate, che consisteva nella «omessa dichiarazione di redditi conseguiti dalla Benetton International S.A. (Bisa) assoggettabili a tassazione separata dalla Edizione Property». Nel mirino era così finita Bisa, operativa in Lussemburgo dai primi anni 2000 nella gestione delle partecipazioni sociali estere e delle risorse finanziarie del gruppo. Il 20 marzo 2017 il controllo era stato allargato al 2012, concludendosi con un’ accusa analoga alla precedente. Così il 26 ottobre dello scorso anno era stato notificato un avviso di accertamento su un presunto maggior reddito pari a 13.545.572 euro, da assoggettare a tassazione separata per un’imposta dovuta di 3.657.305, oltre alla conseguente sanzione per 4.388.766 e agli interessi calcolati in 639.677,67 euro. A quel punto Edizione Property si era rivolta alla Commissione tributaria provinciale, affermando di non aver conseguito alcun vantaggio fiscale, mentre l’Agenzia delle Entrate aveva sostenuto la legittimità del proprio operato.

LE MOTIVAZIONI
Ebbene i giudici di primo grado, dopo l’audizione delle parti in pubblica udienza, hanno ritenuto «degno di accoglimento» il ricorso patrocinato dagli avvocati Gianluca Cristofori e Domenico Santoro. Nelle motivazioni, la Commissione rileva che «Bisa esercita le funzioni di società sub-holding finanziaria e di partecipazioni, occupandosi, infatti, non solo di effettuare investimenti in altre società, ma anche di amministrare, sviluppare e gestore direttamente il proprio portafoglio di partecipazioni». Per questo la società «provvede ad amministrare le eccedenze di liquidità di volta in volta venutesi a formare nell’ambito della propria operatività, impiegando prevalentemente a beneficio delle proprie consociate estere», realtà «localizzate in ben ventiquattro Paesi nel mondo». Il punto era capire se questa struttura fosse reale o fittizia, cioè messa a punto solo per frodare l’erario italiano. Al riguardo la Commissione ha accertato che «Bisa detiene gli uffici, nei quali esercita la propria attività in Lussemburgo, a titolo di locazione» e che «ha inoltre stipulato un contratto di assicurazione che copre i danni patrimoniali potenziali all’immobile stesso». Di qui la convinzione dei magistrati: «L’entità e l’adeguatezza delle dotazioni patrimoniali evincibili (capitale sociale è pari ad euro 133.538.470 al 31.12.2012, mentre il patrimonio netto ammonta ad euro 701.960.517 a fronte di un valore contabile degli investimenti in immobilizzazioni pari ad euro 715.733.445) risponde ad indici patrimoniali di bilancio di rigoroso equilibrio ed in assenza di qualsivoglia artificiosa costruzione che costituisce il presupposto per l’applicazione della norma anti-abuso». A riscontro dell’effettività societaria la sentenza cita pure il Cda, formato da cinque componenti, «le cui riunioni si sono svolte in Lussemburgo, come risulta dai verbali delle periodiche riunioni tenute dall’organo amministrativo nel 2012». 

IL SISTEMA

Ma allora perché i Benetton avevano deciso di operare nel Granducato? «La convenienza a stabilire una società con funzione di sub-holding finanziaria e di partecipazioni in Lussemburgo – si legge nelle motivazioni – non è dipesa dal suo sistema fiscale, bensì da un sistema giuridico, finanziario e professionale nel suo complesso tale da favorire la concreta operatività di questo tipo di società». Al riguardo la Commissione fa presente che «la supposta convenienza fiscale a collocare una società holding in Lussemburgo» dal 2004 «si è di fatto azzerata», visto che da allora la normativa italiana «consente la piena deduzione dei costi di gestione delle partecipazioni sociali» e «non prevede imposte patrimoniali, presenti invece in Lussemburgo». Per questo Bisa non può «essere considerata una “costruzione artificiosa” bensì una società operativa a tutti gli effetti». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino