Lunedì siederanno entreranno nelle classi quasi 23mila bellunesi, ma una sessantina di ragazzi bellunesi non andranno a scuola quest’anno. Non per problemi di salute...
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LA SPINTA
«È una decisione che non si fa dall’oggi al domani – spiega Morena Franzin – Richiede impegno, elasticità mentale e soprattutto tanta informazione. È quello che abbiamo cercato di dare negli ultimi mesi senza obbligare nessuno. Ci sono genitori, soprattutto a Belluno, che ci pensano da anni». Il Covid-19 ha dato loro la spinta necessaria per prendere una decisione sul futuro dei figli. E, alla fine, si sono convinti a tenerli a casa. «Abbiamo avuto un boom di richieste – continua la referente bellunese di Laif – È difficile fare una stima esatta ma il numero degli homeschoolers sta aumentando velocemente. Al momento ci saranno una trentina di famiglie e, calcolando che ognuna ha da uno a tre figli, possiamo dire che circa sessanta ragazzi non andranno a scuola». Qualcuno potrebbe pensare che si tratti di una scelta condizionata dalla paura del contagio. Nient’affatto. Molti genitori, vivendo la didattica a distanza, «hanno scoperto modalità interessanti per istruire il bimbo a casa. Avendo ritmi diversi, possono partire direttamente da lui, sviluppare i suoi interessi, e toglierlo da un insegnamento classico che arriva dall’esterno».
LE ESPERIENZE
Ci sono ragazzi, però, che non si sono mai seduti su un banco di scuola. In questi casi l’istruzione parentale è cominciata da subito. «Farlo solo per il Covid-19 è limitante – precisa il presidente di Laif Italia Sergio Leali – Ma in ogni caso è una scelta che cambia molte cose, a partire dal modo di interpretare la fase dell’apprendimento e della formazione del figlio». Leali ne ha due, uno di 17 e l’altro di 19 anni, mai andati a scuola. Quest’anno faranno la maturità. Si, perché una cosa non esclude l’altra e chi ha passato la sua vita sui libri di casa può comunque accedere agli esami di Stato e poi all’università. «Alcune li accettano anche se non hanno conseguito l’esame di maturità – racconta Leali – Contano più le competenza di un pezzo di carta. Alcune università straniere offrono addirittura una corsia preferenziale agli homeschoolers». È chiaro che un approccio di questo tipo richiede, da parte dei genitori, non solo competenze consone all’insegnamento, seppur diverso da quello classico, ma anche e soprattutto tempo. «Il genitore non deve per forza insegnare al figlio – chiarisce il presidente di Laif – Basta organizzare al meglio gli accessi alle fonti del sapere. Deve mettersi accanto al ragazzo e non davanti». Il tempo, invece, gioca un ruolo fondamentale ma si parla di educazione parentale quindi il genitore potrebbe farsi aiutare dai nonni o dagli zii. L’importante è che possa dedicargli «tempo buono e non il residuale di fine giornata». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino