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PORDENONE - Inutile prenderci in giro, di solito succede il contrario. Troppe donne sono ancora discriminate sul posto di lavoro. La maternità, i congedi, i pregiudizi e le polveri residue di una società patriarcale troppo poco passata per essere remota. E un caso di segno opposto non basta a pareggiare la partita doppia dei soprusi. Però fa rumore. Arriva da Pordenone e la storia si scrive al bar della stazione ferroviaria, punto d’incontro e di passaggio per i viaggiatori. Come accade praticamente ovunque, i titolari cercano personale. Merce preziosa. Il cartello si limita a questo, ma basta una domanda per arrivare alla verità. «C’è posto per un ragazzo?». «No, assumiamo solo donne».
PORTE CHIUSE
Sei un giovane barista che ha bisogno di un lavoro oppure che vuole iniziare la sua carriera al bancone in uno dei bar più trafficati di Pordenone? Allo “Zonzo” (così si chiama il locale che ha riaperto da pochi mesi all’interno dello scalo ferroviario) per te le porte sono chiuse.
LA SPIEGAZIONE
Perché solo donne e niente uomini “tra le scatole”? «Tra ragazze - è la parziale ma sincera spiegazione che viene fornita tra una tazzina di caffè e i primi spritz della tarda mattinata -, ci capiamo semplicemente di più. E poi - un sospiro - abbiamo sempre lavorato così e non vogliamo cambiare». Ma quindi non posso dire a un mio amico che cercate personale? «No, solo donne». E poi l’ultima strettoia. «Donne sotto i 30 anni».
IL DIBATTITO
Il bar della stazione di Pordenone mancava ormai da anni. C’era un “buco” al suo posto. Ora torna a far parlare di sé, e dopo l’entusiasmo per la riapertura diventa protagonista di un caso al confine tra l’ovvietà (diranno alcuni) e l’importanza. Sta di fatto che indipendentemente dagli orientamenti e delle sensibilità, il dibattito si è già acceso. Il bar della stazione è l’unico a mettere questo steccato tra uomini e donne? Molto probabilmente no. «Mi lasciano perplesse questa scelte di preferire un sesso o l’altro, penso che tutti debbano avere il diritto di lavorare - polemizza sempre il padre del giovane che non potrà lavorare al bar della stazione -. Non lamentiamoci poi, se i giovani preferiscono rimanere a casa». Interviene anche la presidente del Comitato regionale per le pari opportunità, Dusy Marcolin. «Si tratta di un’evidente discriminazione. Noi difendiamo entrambi i sessi». Ma il presidente locale della Fipe la vede diversamente: «Ogni imprenditore è libero di scegliere». Anche se a rimanere “fuori” fossero state le donne? Il dubbio è quantomeno lecito Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino