Bambino portato via a forza da scuola dalla polizia: «Deve stare col padre»/ Video

Un fotogramma del bambino portato via a forza da scuola
PADOVA - Una lunga, sorda guerra di carte bollate tra genitori che dal 2004 si disputano la custodia del figlio che ora ha dieci anni e frequenta la quinta elementare, ha avuto...

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PADOVA - Una lunga, sorda guerra di carte bollate tra genitori che dal 2004 si disputano la custodia del figlio che ora ha dieci anni e frequenta la quinta elementare, ha avuto ieri un drammatico, doloroso epilogo in una scuola di Cittadella.




Il bimbo portato via con la forza dalla propria classe ha cercato in tutti i modi, e davanti a decine di persone, di evitare il trasferimento in un istituto dove - in nome della Legge - sarà ospitato, per preparare l’affidamento in via esclusiva al padre.





Il video trasmesso da "Chi l'ha visto?"









Così ha stabilito un decreto della Corte d’appello di Venezia che è stato esibito da un drappello composto da assistenti sociali, un medico, dal padre del bimbo e alcuni poliziotti che si sono presentati dopo mezzogiorno alla direttrice dell’istituto, Marina Zanon. In quelle pagine si stabilisce «l’allontanamento del minore dall’ambiente materno e il suo affido in via esclusiva al padre», con collocamento in una comunità.



Era solo la prima di una serie di sequenze che si sono fatte sempre più concitate. Il dirigente scolastico non ha consentito agli agenti di entrare in classe. Ha chiesto al maestro di far uscire il piccolo e di portarlo in aula magna. Ma lui ha capito che erano venuti a prenderlo. Ci avevano provato altre quattro volte, dal 25 agosto in poi, ad eseguire il provvedimento che lo toglie alla madre, laureata in farmacia, per affidarlo al padre, un avvocato padovano. La prima volta si era rifugiato nella sua cameretta, rimanendo aggrappato alla rete del letto per ore. Anche le altre volte aveva opposto una resistenza così energica, disperata, da far sospendere l’esecuzione.



La scuola non si è dimostrata un terreno più favorevole. Anzi, ha ingigantito gli effetti dell’intervento, trasformandolo in un evento pubblico. Visto il rifiuto ad uscire di classe, il direttore didattico ha preferito far allontanare gli altri compagni della quinta elementare. Aggrappato al suo banco è rimasto solo il bimbo, il cui comportamento scolastico viene considerato irreprensibile. Ad entrare sono stati gli assistenti sociali, il medico e il padre. Ma la reazione è stata molto violenta, l’alunno ha cominciato a piangere e ha cercato in tutti i modi di opporsi.



La terza scena è la più drammatica, anche perchè documentata da fotografie e riprese di una videocamera. Il bimbo è stato letteralmente portato via con la forza, visto che cerca di divincolarsi con altrettanto vigore dettato dalla disperazione. È a quel punto che intervengono anche un paio di agenti dell’Ufficio Minorenni della Questura. Due persone lo tengono per le gambe. Un altro lo afferra per le spalle, mentre lui tira calci. Cade a terra. Viene trascinato. Si dispera. Tutto inutile. Alla fine viene caricato su un’auto che si allontana.



Fuori dalla scuola ci sono la mamma e i nonni. Hanno una videocamera e riprendono la scena. Ci sono molti genitori, altri bambini. Un parapiglia indescrivibile e sconcertante. La madre, assistita dall’avvocato Andrea Coffari del Movimento per l’Infanzia, ha annunciato che presenterà denuncia e ha chiesto la visita di un pediatra per accertare se il piccolo ha subito lesioni. «Me l’hanno portato via» ha gridato disperata. Oggi i genitori dei compagni di classe manifesteranno davanti alla scuola, choccati da ciò che hanno visto.



La Questura si limita a parlare di «notevoli difficoltà» nell’esecuzione di un provvedimento legittimo e concordato (per quanto attiene il luogo) con un consulente della Corte d’Appello. Il padre ha ottenuto quello che aveva chiesto, ritenendo che in questo modo sia garantita l’integrità psicologica del figlio. E dalla sua ha una decisione dei giudici, evidentemente ponderata anche se lacerante. Dopo la separazione, il bimbo è sempre rimasto con la madre. Fino a ieri. «Vedeva il padre in incontri protetti. Rifiutava di vederlo da solo in quanto nelle precedenti frequentazioni riferiva di aver subito maltrattamenti psicologici di vario tipo» ha dichiarato l’avvocato Coffari.




(ha collaborato Michelangelo Cecchetto) Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino