Annegato nel Piave davanti all'amico: «L'ho visto sparire, era come se in acqua ci fosse stato un mostro che lo trascinava giù»

CAERANO - «Era come se ci fosse stata una trappola in acqua. Un mostro che ti prendeva per i piedi e ti trascinava verso il fondo. Ho visto la morte in faccia». Amor...

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CAERANO - «Era come se ci fosse stata una trappola in acqua. Un mostro che ti prendeva per i piedi e ti trascinava verso il fondo. Ho visto la morte in faccia». Amor Ben Azaiez, il migliore amico di Mohsen Lammouchi, il 54enne tunisino annegato al Piave venerdì sera, 2 luglio, vicino alla cementeria Rossi di Pederobba dopo essersi tuffato per salvare la figlia, descrive così il vortice fatale che non ha dato scampo all’uomo spinto dall’istinto paterno. Parla di una buca profonda e nascosta, di cui mai avrebbe sospettato l’esistenza visto che l’acqua sembrava non superare i 70 centimetri e che conosceva bene quel posto. Forse non abbastanza da prevedere le improvvise correnti.

MOMENTI TERRIBILI
Amor e Mohsen, amici da una vita, si trovavano vicino alle ragazzine mentre giocavano a pochi passi dalla riva. «La figlia tredicenne di Mohsen, poi, è stata come risucchiata dal fiume. Mia figlia ha rischiato di annegare assieme a lei mentre tentava di salvarla. Pensavo scherzassero». In quei pochi secondi di terrore Amor Ben Azaiez si è tuffato e ha salvato sua figlia, dimenticandosi, in preda al panico, dell’altra giovanissima che stava sprofondando sempre di più verso il fondo del fiume. «Quando l’acqua è fredda e dolce, tutto è contro di te. Dopo aver salvato mia figlia, un ragazzo italiano si è tuffato e si è immerso due volte. Alla fine è riaffiorato con la figlia di Mohsen. L’ho ringraziato tanto perché senza di lui saremo morti tutti e quattro». Era Mario Gerlin il bagnante che si è trasformato in eroe assieme al coraggioso Filippo, il ragazzino di 10 anni che non ha esitato a tuffarsi vedendo le due giovani in pericolo. Nel frattempo, ignaro che sua figlia fosse già stata portata in salvo, si è tuffato in acqua anche il tunisino 54enne. Ma non sapeva nuotare. È scomparso subito, trascinato verso il fondo dalla corrente che non perdona. Lammouchi lavorava come saldatore in un’azienda nella zona industriale di Montebelluna, vicino a Zanatta Vetro. Chi lo conosceva bene lo descrive come un uomo buono, altruista e disponibile. «

IL DOLORE


Ieri mattina, davanti alla casa di Lammouchi in via san Marco a Caerano, non c’erano solo la moglie Saidi che parlava al telefono con il consolato tunisino per riportare la salma in patria ma anche, il figlio 17enne e la figlia 13enne ancora sotto choc, la famiglia Ben Azaiez e un’altra quindicina di persone tra parenti e amici. Anche il sindaco di Caerano, Gianni Precoma, ha intenzione di recarsi dalla famiglia tunisina rimasta orfana del padre per porgere le più sentite condoglianze. Le polemiche, però non mancano. «Non è il primo che muore catturato dalla corrente improvvisa del Piave e non sarà l’ultimo - conclude l’amico Amor - Bisogna fare qualcosa: non voglio che altri corrano questo rischio». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino