«Mi ha preso per il collo, ha stretto, mi voleva strangolare», dottoressa aggredita fuori dalla guardia medica

L'uomo, uno straniero, ha tentato di prendere a calci anche un'altra collega

«Mi ha preso per il collo, ha stretto, mi voleva strangolare», dottoressa aggredita fuori dalla guardia medica
UDINE - «Quando quell’uomo mi ha messo le mani al collo, per alcuni istanti non riuscivo a respirare, perché non passava l’aria. Allora mi sono detta:...

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UDINE - «Quando quell’uomo mi ha messo le mani al collo, per alcuni istanti non riuscivo a respirare, perché non passava l’aria. Allora mi sono detta: “Adesso muoio soffocata”». Adelaide Andriani, 28 anni, specializzanda in Chirurgia generale, è ancora scossa per quanto accaduto sabato sera quando era di turno come guardia medica a Udine nella sede del Gervasutta ed è stata aggredita dall’accompagnatore di un paziente straniero. E non è la prima volta che le succede. «È la terza aggressione che subisco. Due le ho subite, gli scorsi mesi, in carcere a Udine, dove ero stata chiamata come guardia medica, anche se non sarebbe di nostra competenza e lo facciamo totalmente gratis. La prima aggressione per fortuna è stata più o meno verbale, mentre la seconda volta mi è stato tirato addosso uno sgabello e solo grazie all’intervento della guardia, che mi ha spostato di peso, non ho preso i pezzi in faccia», racconta Andriani, originaria della provincia di Monza e della Brianza, da due anni abbondanti in Friuli per seguire la scuola di specialità. Ma ora, dopo quanto è successo, dice, «non ho più intenzione di fare il medico, sinceramente. Sto prendendo questa decisione. Non si può rischiare di morire per lavoro. Se non ci fosse stata con me la collega Giada Aveni, che è riuscita a staccare la mano di quell’uomo, forse sarei morta. Sinceramente, non me la sento di rischiare così ancora», dice Andriani, che, assieme alla collega Giada (che ha anche pubblicato un post su Facebook) ha voluto far sentire la sua voce.

 



IL RACCONTO
Quando Andriani riavvolge il nastro dei ricordi, le parole si incrinano. «Sabato – riferisce la specializzanda – verso le 18, in ambulatorio ci siamo trovati all’improvviso questi due uomini, che non avevano citofonato per entrare, come gli altri. Uno dei due, più giovane, straniero, era affetto da una problematica alla gamba, l’altro, forse sulla cinquantina, diceva di essere il suo accompagnatore e gli faceva da traduttore. Ci hanno detto che erano stati in Croce rossa per queste lesioni pregresse. La medicazione era perfettamente pulita e fatta poco prima, ma l’uomo pretendeva di essere medicato. Abbiamo dovuto un po’ cedere. Abbiamo eseguito di nuovo la medicazione e convenuto che fosse necessario un controllo in pronto soccorso». Ma i due uomini non se ne sono andati. «Si sono piazzati nella sala d’attesa e continuavano a fare ostruzionismo anche verso il nostro lavoro: sabato c’era un grande afflusso. Li abbiamo invitati più volte a uscire e abbiamo chiamato i carabinieri».


I TIMORI
I due uomini sono usciti: «Avevamo intenzione di fare denuncia, perché ci avevano insultato ed erano stati aggressivi». È a quel punto che l’accompagnatore dell’ammalato si dirige verso la portineria. «Preoccupata, sono andata ad avvisare la donna che era sola. Da fuori, ho visto che stava parlando in modo concitato con la donna e le ho detto: “Stia attenta, che è aggressivo. Stiamo aspettando le forze dell’ordine”. A quel punto mi è venuto incontro rapidamente. Sono tornata verso la porta della guardia medica, dove c’era la collega e la situazione è degenerata. Abbiamo filmato tutto. L’accompagnatore a un certo punto mi ha messo le mani al collo e per alcuni istanti non passava aria. Ho pensato che sarei morta soffocata. Per fortuna, grazie alla mia collega, che gli ha staccato la mano, l’uomo si è allontanato. Anche il paziente è intervenuto per allontanarlo». Le due dottoresse hanno finito il loro turno e poi sono andate a farsi medicare. «Mi hanno dato 5 giorni di prognosi», racconta Adelaide che, sul collo, subito dopo l’aggressione, aveva ancora evidenti i segni della stretta, immortalati in foto diffuse sui social. «Prima di andarsene, ha minacciato che sarebbe tornato. I carabinieri ci hanno detto che lo hanno identificato». Andriani chiede maggiore sicurezza. «In Lombardia, dove ho fatto la guardia medica e il medico di base, non mi è mai capitato niente del genere: quando si esce di notte c’è sempre un volontario».


LA COLLEGA


«Se non ci fossi stata io – aggiunge Giada Aveni, 31 anni, di Gemona – non so come sarebbe andata a finire. Quell’uomo ha tentato di tirare un calcio anche a me. Le minacce sono all’ordine del giorno. Chiediamo più tutela. O ci spostano in un presidio dove ci sono le forze dell’ordine, o mettono un vigilante armato e qualcuno che ci accompagni quando andiamo a casa», dice Aveni che, con la collega, ha avvisato l’Azienda dell’accaduto. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino