Vergognoso il tentativo di abolire il tetto agli stipendi statali. Ma sui compensi pubblici non bisogna fare demagogia

Vergognoso il tentativo di abolire il tetto agli stipendi statali. Ma sui compensi pubblici non bisogna fare demagogia
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Caro direttore,
che bella questa Italia solidale, dove una manina ha tolto il tetto alle retribuzioni degli alti dirigenti della Pubblica Amministrazione, dove i partiti fanno promesse con i soldi degli altri, dove alcuni ricchi vanno a mangiare alla Caritas mentre i veri poveri rimangono fuori per mancanza di posto, dove chi non ruba è uno sfigato e chi paga le tasse (per fortuna ce ne sono ancora tanti) paga per tre. Hanno introdotto l'educazione civica nelle scuole per educare i ragazzi al rispetto delle norme ma manca sempre chi dà l'esempio...


R. L.
Venezia


Caro lettore,


la manina truffaldina che ha inserito in uno degli ultimi provvedimenti del governo in carica la norma che cancella il tetto di 240mila euro lordi annui per i dirigenti pubblici, aprendo la strada a stipendi più elevati per alcuni super-burocrati statali e per gli alti vertici militari, è una pagina vergognosa di fine legislatura. Possiamo solo sperare che l'autore di questa operazione non venga rieletto nel prossimo Parlamento. Bene comunque ha fatto il governo, che era all'oscuro della manovra, a cancellare immediatamente la nuova norma e a ripristinare il tetto. Sarebbe stato davvero inconcepibile che in una fase difficile come quella che stanno vivendo oggi molte famiglie e tante imprese, lo Stato allargasse i cordoni della borsa proprio per premiare i suoi dipendenti di più alto grado e che già godono dei più elevati livelli di stipendio. Detto ciò e a costo di apparire un po' impopolare e di non incontrare il consenso di alcuni dei lettori di questa rubrica, vorrei aggiungere alcune considerazioni su questo tema. Sono perfettamente d'accordo sul fatto che debba esistere un tetto, uguale per tutti, alle retribuzioni pubbliche. E' un fatto etico, di trasparenza e anche di uniformità tra gli apparati. Evita tra l'altro, com'è spesso accaduto in passato, che le singole amministrazioni statali o locali decidano al proprio interno regole retributive particolari e diverse, unicamente finalizzate a premiare i propri dirigenti. Ma se questo è un giusto criterio per quelle funzioni che sono esclusive della pubblica amministrazione (la magistratura, la difesa, la burocrazia centrale e locale etc), diverso è il caso in cui lo Stato si trova a fare i conti con il mercato. A dover cioè competere con il settore privato dove esistono politiche retributive di tutt'altro tipo e valore. In questo caso la presenza di un tetto rischia di essere un ostacolo che impedisce al settore pubblico di essere attrattivo per professionalità di alto livello e competenza. Perchè un manager dovrebbe accettare un incarico pubblico pagato anche 10-15 volte meno che uno nel privato? Per dovere o per spirito di servizio? Certo, in qualche caso può accadere, ma si tratta di eccezioni, non della norma. Penso che su argomenti come questi occorra mettere da parte ogni demagogia e le facili polemiche. Certamente lo Stato non può assecondare la corsa ai super -stipendi. Ma neppure rinunciare, nell'interesse di tutti, a poter contare su eccellenze e elevate professionalità. I meriti e le competenze non sono irrilevanti. Uno non vale uno. Tantomeno quando si tratta di gestire sistemi complessi e governare centinaia o migliaia di persone. Pubblici o privati che siano. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino