L'operatrice sanitaria no-vax riammessa al lavoro e l'attitudine dei giudici a interpretare e riscrivere le leggi

L'operatrice sanitaria no-vax riammessa al lavoro e l'attitudine dei giudici a interpretare e riscrivere le leggi
Gentilissimo Direttore, la Sezione del Lavoro del Tribunale di Padova, giudice il dott. Roberto Beghini, ha riammesso al proprio posto di lavoro un'operatrice sanitaria...

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Gentilissimo Direttore,
la Sezione del Lavoro del Tribunale di Padova, giudice il dott. Roberto Beghini, ha riammesso al proprio posto di lavoro un'operatrice sanitaria dell' Ulss 6 che non si era sottoposta agli obblighi vaccinali. A pagina 2 della sentenza si legge che l'obbligo vaccinale imposto ai lavoratori non appare idoneo a raggiungere lo scopo che si prefigge e qui risiede l'irragionevolezza della norma ai sensi dell'art. 3 Cost. Un tribunale della Repubblica pertanto riconosce, cosa di tutta evidenza ma che fa comodo nascondere, che Può notoriamente accadere, ed effettivamente accade, come conferma l'esperienza quotidiana, che una persona vaccinata contragga il virus e contagi altre persone (vaccinate o meno che siano). Il giudice rincara poi la dose affermando: nonostante l'avvio della campagna vaccinale, il numero di contagi più elevato in assoluto dall'inizio della pandemia, pari a + 220.532, è stato registrato l'11.01.2022 cioè dopo che sono state effettuate ben più di 120milioni di punture (come viene riportato a pg. 3 della sentenza). Il disposto conclude: la garanzia che la persona vaccinata non sia infetta, è pari a zero. Sipario!


Marco Panfilo
Venezia


Caro lettore,


la ringrazio per averci ricordato questa sentenza rilanciata nei giorni scorsi da tutti i siti e i giornali no vax e no pass. A suo modo è un documento importante. Non tanto per il merito: ci sono numerose sentenze su questa stessa materia che sono giunte a conclusioni del tutto diverse da quelle del giudice padovano e hanno convalidato le sospensioni dal lavoro di operatori sanitari non vaccinati. No, il valore di questa sentenza è un altro e prescinde in larga parte dall'oggetto del contendere. Ci ricorda l'attitudine di una parte della nostra magistratura non ad applicare le leggi, bensì ad interpretarle e riscriverle sulla base dei propri convincimenti. Non solo. Finora eravamo abituati a sentenze che riscrivevano la storia dell'Italia o cercavano, non raramente riuscendoci, di sostituirsi alla politica indirizzandone il corso e gli eventi. La scienza e la medicina erano rimaste finora sostanzialmente estranee a questo creativo attivismo giurisprudenziale. La sentenza da lei ricordata supera anche questa barriera. Qualcuno a questo punto forse obietterà: le sentenze si rispettano, non si commentano. Ho sempre considerato questa affermazione un'ipocrita sciocchezza. Certamente le sentenze vanno rispettate, a maggior ragione quando giungono a conclusioni diverse da quelle che avremmo auspicato o desiderato. Ma nulla ci vieta, alzando il sipario, di valutarle e commentarle.
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Il Gazzettino