La banalizzazione del fascismo secondo la prof e perché il ministro avrebbe fatto meglio a tacere

La banalizzazione del fascismo secondo la prof e perché il ministro avrebbe fatto meglio a tacere
Egregio direttore, ecco cosa ha scritto la professoressa Annalisa Savino dirigente scolastica, insomma preside, del liceo Leonardo Da Vinci di Firenze dopo i noti episodi...

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Egregio direttore,
ecco cosa ha scritto la professoressa Annalisa Savino dirigente scolastica, insomma preside, del liceo Leonardo Da Vinci di Firenze dopo i noti episodi verificatisi nella sua scuola: "Il fascismo in Italia non è nato con le grandi adunate da migliaia di persone. È nato ai bordi di un marciapiede qualunque, con la vittima di un pestaggio per motivi politici che è stata lasciata a sé stessa da passanti indifferenti.". Mi chiedo: meritava tutto questo putiferio?


L.G.
Treviso


Caro lettore,


non so se sia possibile intervenire in questa polemica senza finire nel tritacarne delle polemiche partigiane. Ci provo comunque. Quando ho letto il testo della professoressa Savino, di cui lei ha citato il brano centrale e più commentato, ciò che in realtà mi ha colpito è stata la banalizzazione del fascismo che in esso era contenuta e il messaggio distorto che, in tale senso, poteva derivare da quelle parole. Perché se la genesi del fascismo fosse quella indicata dalla professoressa forse non avremmo neppure vissuto la tragedia del Ventennio. Il fascismo fu innanzitutto la conseguenza di gravi errori delle altre forze politiche dell'epoca e del consolidarsi intorno al movimento creato da Mussolini di forti interessi economici e di un robusto blocco sociale. Ridurre un fenomeno di quella portata e complessità alle violenze da marciapiede, ai pestaggi delle camice nere o anche agli omicidi degli avversari politici è un errore in cui nel 2023 soprattutto un professore non dovrebbe cadere, men che meno quando parla a giovani studenti. Lo stesso vale per il richiamo all'indifferenza. Un atteggiamento che ci fu, ma che solo in minima parte contribuì all'ascesa e soprattutto all'affermarsi del fascismo. Perché, come ha ben spiegato nei suoi libri Renzo De Felice, la forza di Mussolini e del regime fu in realtà l'ampio consenso popolare su cui, purtroppo, ad ogni livello poté contare e per lungo tempo il fascismo. Altro che "i tanti italiani per bene" contrari al regime e alla dittatura di cui parla in un altro passaggio della sua lettera la professoressa Savino. La realtà storica fu assai diversa, anche non ci piace ammetterlo. E non è irrilevante sottolinearlo. Perché la rimozione di questi aspetti e una narrazione strumentale e semplicistica del fascismo ci hanno sempre impedito di fare fino in fondo i conti con questa pagina orribile della nostra storia e di chiudere finalmente i conti con quel passato. Anche per queste ragioni penso che il ministro Valditara avrebbe fatto meglio ad astenersi da ogni commento. Francamente non mi pare che le parole della professoressa Savino meritassero tanta attenzione. Se del caso meritavano una riflessione più ampia e in una sede diversa dai salotti televisivi o dai social. Quando si occupa un ruolo così importante come quello di ministro è bene rifuggire dai protagonismi eccessivi. Essere classe dirigente significa anche questo. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino