Parigi, Finanza nella sede di Vivendi: perquisito anche l'ufficio di Bollorè

Parigi, Finanza nella sede di Vivendi: perquisito anche l'ufficio di Bollorè
Documenti, file scaricati dai computer, posta elettronica. E' stato aperto anche il pc di Vincent Bollorè, presidente di Vivendi. Obiettivo: verificare se dietro la...

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Documenti, file scaricati dai computer, posta elettronica. E' stato aperto anche il pc di Vincent Bollorè, presidente di Vivendi. Obiettivo: verificare se dietro la banca d'affari Natixis, che ha aiutato il gruppo francese a salire nel giro di poche settimane dal 3% al 29,77% dei diritti di voto di Mediaset, si celasse una rete occulta di intermediari. Così ieri i finanzieri del nucleo valutario di Milano e gli uomini della Gendarmerie national di Parigi hanno perquisito gli uffici dei due gruppi, nell'ambito di una rogatoria chiesta dal pm di Milano Fabio De Pasquale che ha iscritto nel registro degli indagati Bollorè e l'amministratore delegato Arnaud De Puyfontaine: aggiotaggio è l'ipotesi di reato per entrambi.


IL RASTRELLAMENTO
Stando all'accusa, il finanziere Bretone avrebbe disdettato l'accordo per l'acquisizione di Premium per rastrellare titoli del Biscione a quotazioni da saldo. «E' un'inchiesta infondata, siamo trasparenti. E' il risultato della denuncia ingiuriosa presentata da Berlusconi contro Vivendi dopo la sua ascesa nel capitale di Mediaset», contrattaccano i francesi. L'esposto, firmato dall'amministratore delegato di Fininvest, Danilo Pellegrino, è stato consegnato in procura lo scorso 13 dicembre e dice chiaro e tondo che c'è stata «una ben precisa strategia messa in atto da Vivendi per acquisire azioni Mediaset a un prezzo artificiosamente diminuito del 30% rispetto a pochi mesi or sono, proprio per effetto dell'allora incomprensibile atteggiamento di rifiutarsi di onorare il contratto definitivo di acquisizione di Mediaset Premium». I primi segnali risalgono al 21 giugno, quando arriva una lettera di de Puyfontaine che «in maniera totalmente strumentale contesta il business plan di Premium, che peraltro non rientrava nel perimetro delle garanzie contrattuali». Il 25 luglio l'accordo salta, il giorno dopo Vivendi spiega il motivo: «Premium è stata venduta come una Ferrari, in realtà è una Fiat Punto». Critiche «false e ingiuriose», replica Mediaset, ma l'effetto è uno schianto del titolo in Borsa e da questo momento - non da dicembre come comunicato ufficialmente al mercato, rileva la memoria - Bollorè avrebbe cominciato a rastrellare i titoli del Biscione. Lo dimostrerebbe il volume degli scambi di Borsa: il 14 dicembre Vivendi avrebbe acquistato il 7,68% del capitale Mediaset, ovvero 90,7 milioni di azioni, ma quel giorno passarono di mano solo 83 milioni di azioni. «E' quindi evidente che il gruppo guidato da Vincent Bollorè - si legge nell'esposto - si fosse già assicurato il controllo totale o parziale della partecipazione in Mediaset in epoca anteriore a quella indicata dal mercato, opzionando titoli o comunque rendendoli oggetto di complessi strumenti finanziari derivati».

PLUSVALENZA DA 500 MILIONI

Ed è ciò su cui sta investigando la procura: da dove provengono i titoli acquistati dal finanziere bretone, se abbia organizzato un giro di intermediari che agivano nell'ombra, con quale denaro sono state comprate le azioni e la destinazione finale dell'enorme plusvalenza realizzata. Dopo il crollo del titolo, calcola Fininvest, «il 10% di Mediaset era acquisibile con 250 milioni di euro», le transazioni successive «ne hanno portato il valore a oltre 500 milioni di euro, con una plusvalenza di oltre il 100%». Intanto il prossimo 19 dicembre tornerà in aula la causa civile Mediaset-Vivendi. Prima dell'estate Mediaset e Fininvest hanno mosso nuove accuse ai francesi: violazione contrattuale, concorrenza sleale e violazione della legge sul pluralismo televisivo.
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Il Gazzettino