Conferma la «disponibilità totale» a parlare di modifiche alla legge elettorale: «Fate le vostre proposte, faremo la nostra». Ma nel chiudere la...
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Cita gli illustri siciliani Archimede, Bartolo, La Pira e il «punto di riferimento per autorevolezza» Sergio Mattarella. E non si fa scomporre né dai contestatori isolati che vociano dal pubblico (un insegnante, un sostenitore del ponte sullo stretto...), né dalle proteste che inducono le forze dell'ordine a blindare Catania e che poi sfociano in scontri con due fermati: «Svolgiamo una funzione sociale per i contestatori...», scherza, ma chi «spacca tutto nega il futuro». La platea, che complice anche la pioggia si riempie solo alla fine, esplode in applausi nei passaggi sferzanti per gli avversari. «Tenetevi le vostre camicie verdi e lasciate le magliette della polizia, a cui avevate bloccato i contratti, a chi è degno di portarle», dice a Matteo Salvini. «Il M5s è diventato il Partito 5 stelle. Si sono chiusi nelle loro stanze e se le stanno dando di santa ragione», dice ai grillini. Ma al Pd - in platea, accanto al marito Dario Franceschini, c'è Michela De Biase, capogruppo in Comune - chiede di «non attaccare Virginia Raggi, per rispetto degli elettori».
E ancora, toni accesi sull'Europa: «Hollande e Tsipras sono venuti sulle nostre posizioni - rivendica - Basta con austerity e tesi ardite del fiscal compact. Le regole non sono un totem se c'è chi non arriva a fine mese». Ma è il referendum il cuore del discorso, il «bivio tra futuro e palude» in vista del quale Renzi vuol mobilitare il Pd per il Sì. Ci tiene, il premier, a ricordare che la riforma è «iscritta nella storia del Pd», dal Pci al Pds. E lo rinfaccia a Massimo D'Alema, citando (con tanto di imitazione) un passaggio di un libro del '95 in cui l'ex premier difendeva il superamento del bicameralismo perfetto. Con D'Alema la frattura è insanabile («Ha detto che la segreteria del Pd vieta di leggere libri. Ma io il suo l'ho letto e lo consiglio perché in realtà è scritto da Velardi e Cuperlo, D'Alema ci ha messo solo la firma»). Ma con il resto della minoranza il leader Dem rivendica di essere stato aperto all'ascolto: «Mi hanno chiesto di non personalizzare? Ho smesso. E ho detto che la legislatura ha una vita a sé, che non parliamo più del governo» e di quel che avverrebbe in caso di vittoria del No. Anche sulla legge elettorale «abbiamo detto che siamo pronti a discuterne.
C'è bisogno però che gli altri facciano proposte, noi facciamo le nostre», dice.
Il Gazzettino