Ora che può parlarne senza l'angoscia di quei momenti, ammette: «È stato un miracolo, io sono una credente, siamo stati sotto la mano del Signore»....
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Signora Canestari, perché quella passeggiata nella neve?
«Manuel voleva andare nel boschetto a vedere gli scoiattoli. Il posto non sembrava pericoloso, era di fronte alla casa dove eravamo ospiti. Lui è figlio del primo matrimonio di Emanuele, mentre Nicole, l'altra bambina, è nata dalla nostra relazione. Sei figli in tutto, tre e tre. Siamo sempre andati d'accordo. Ci chiamavano la famiglia Bradford».
Come avete fatto a perdervi?
«Abbiamo cominciato a camminare dentro quel faggeto. I bambini avevano la tuta e i moon boot, era un percorso tranquillo. Io sono stata tante volte in montagna, non potevo immaginare che lungo quel tragitto non ci fossero né case, né baite. E neanche delle indicazioni. Dopo aver camminato per un po' pensavo che la strada percorsa riportasse indietro. Invece ci stavamo allontanando».
I bambini che facevano?
«Erano tranquilli, hanno vissuto tutto come un gioco. Gli dicevo: “Facciamo un gioco, cerchiamo i segnalini”. Era ancora giorno. Avevo gli Ugg ai piedi, un maglioncino e il piumino. Non ero attrezzata, e cominciavo a sprofondare nella neve. Salivamo, salivamo, e non si arrivava a niente. Roccia, neve, alberi. Chi non conosce il posto fa presto a dare giudizi. Sono stati gli stessi soccorritori a dirmi che si perdono in tanti in quella zona. Avevo il telefono scarico, ma anche se avesse funzionato sarebbe stato inutile, perché lì non prendevano nemmeno i walkie talkie». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino