Nè proposta nè subita. A Palazzo Chigi raccontano così l'atteggiamento del premier Paolo Gentiloni rispetto al pressing del Pd per porre la fiducia sul...
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Da giorni la fiducia era un'ipotesi ma Gentiloni non aveva ancora deciso. Come aveva spiegato infatti nel suo discorso di insediamento alle Camere, il 13 dicembre scorso, a suo avviso il governo non è «attore protagonista» sulla riforma del voto. Ma è anche vero, aggiunse già allora, che il suo compito è «accompagnare, facilitare e sollecitare il confronto» per una legge necessaria. A maggior ragione, si è convinto il premier ascoltando le ragioni del Pd, urgente visto che la legislatura è agli sgoccioli. E, se anche il Rosatellum cadesse in Aula, il governo dovrebbe fare in extremis, per decreto, dei ritocchi al Consultellum. Quindi è giusto che il governo «aderisca» alla richiesta della maggioranza, ha chiarito il premier ai ministri. Il Guardasigilli Andrea Orlando si sarebbe detto invece «perplesso» invitando a tenere aperto il dialogo con Mdp. Ma la sua posizione è stata isolata e ha trovato invece il pieno sostegno di Minniti, Martina e Lotti alla fiducia.
Decisivo nella decisione di Palazzo Chigi è stato il sostanziale via libera del Quirinale.
Il Gazzettino