Umberto Bossi era consapevole della truffa da 49 milioni di euro sui rimborsi elettorali ottenuti illecitamente. Per i giudici, avrebbe usufruito di quei soldi per spese...
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Per il collegio, il Senatur era consapevole della truffa considerato che «i suoi familiari e persone del suo entourage - scrivono i magistrati - erano i beneficiari delle spese, anche ingenti, a fini privati», che «i rimborsi mensili forfettari e in nero, anche per attività inesistenti e comunque non documentate erano erogati anche a favore dei suoi stretti congiunti e collaboratori», che «per ragioni di carica aveva certamente contatti continui con Belsito che non vi era nessuna logica ragione di effettuare spese ed erogazioni a favore di Umberto Bossi e dei suoi familiari a sua insaputa». Le prove delle irregolarità e dell'uso privato dei rimborsi, «sono nelle telefonate fra la segretaria e Belsito, nella lettera di Riccardo Bossi che chiede al tesoriere di saldare alcuni suoi debiti e che premette di avere l'autorizzazione del padre».
I giudici si soffermano anche sulla gestione della contabilità, definendola «caotica» e «incredibile», con modifiche dei registri anche a esercizi già chiusi.
Il Gazzettino