La moglie di Raf e l'incubo in clinica: «Ho rischiato di perdere un polmone per un'anestesia sbagliata»

La moglie di Raf e l'incubo in clinica: «Ho rischiato di perdere un polmone per un'anestesia sbagliata»
«Fatti portare immediatamente in clinica da me. Appena arrivata, si sono accorti che non avevo più un polmone». È stato un amico medico a salvare Gabriella Labate, moglie di...

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«Fatti portare immediatamente in clinica da me. Appena arrivata, si sono accorti che non avevo più un polmone». È stato un amico medico a salvare Gabriella Labate, moglie di Raf, dopo un intervento alla spalla che, a causa di un’anestesia errata, l’ha portata a rischiare di perdere un polmone. Per raccontare la sua storia, la Labate ha scelto i microfoni di Domenica Live.


«Non volevo l’anestesia, lo avevo detto- ha raccontato - L’anestesista l’ha fatta comunque. Appena ha infilato l’ago ho sentito un dolore fortissimo al petto. L’ho detto subito. Lei mi trattava in modo molto arrogante. Ha tirato fuori l’ago, lo ha rimesso dentro. Lo ha mosso un po’, ho sentito un nuovo dolore fortissimo al centro del petto. Iniettata l’anestesia, si è allontanata per aspettare l’effetto». Qui è iniziato l’incubo di Gabriella.



«Mi lasciano sola in questa sala pre-operatoria, dopo tre minuti, inizio a sentire un dolore fortissimo al petto. Inizio a chiedere aiuto, la chiamavo, non mi rispondeva nessuno ma la sentivo che armeggiava dietro di me. Allora ho iniziato a strillare aiuto. Sento l’anestesista che dice: Sedala altrimenti questa rompe i c… per tutto l’intervento. Ho percepito che perdevo i sensi proprio mentre gridavo aiuto. Un incubo. Le ultime parole che ho sentito prima di dormire sono state di un infermiere: Non è che abbiamo fatto qualcosa di male noi perché la signora urla così tanto. Io urlavo perché le mi aveva bucato un polmone». Poi, l’operazione.



«Grazie a Dio, mi sono risvegliata. Durante l’intervento ogni tanto riprendevo coscienza e dicevo: toglietemi il lenzuolo dalla bocca, non respiro. Non avevo alcun lenzuolo sulla bocca, non respiravo. Il giorno dopo mi hanno rimandato a casa. Ho chiesto di essere visitata ma nulla. L’anestesista mi ha sedata, offesa, violata come persona e come paziente e se ne è andata. Raffaele era disperato, avevo tutte le mani viola. Chiedeva che mi visitassero. E l’anestesista telefonava e diceva: tenetela sedata, questa ha attacchi di panico. L’ho trovato schifosamente offensivo per chi ha davvero attacchi di panico».



Nei giorni seguenti, l’aiuto dell’amico che la fa operare in un'altra clinica. «A quell’anestesista dico solo di mettersi una mano sulla coscienza, così magari la ritrova». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino