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Alle tragiche conseguenze dell'alluvione in Emilia Romagna, si aggiunge un altro dramma: economico. Quello di migliaia di famiglie che vivono nei diversi comuni del Delta del Po, nel ferrarese ed al confine con il Veneto. Si chiamano vongolari, i produttori di vongole, prelibatezze che da questa parte dell'Italia raggiungono ristoranti, pescherie, hotel in tutto il Paese. Le imprese familiari che lavorano nella Sacca di Goro, la Sacca di Scardovari e a Chioggia producono tra l'80 ed il 90% dei lupini, delle vongole veraci ed in parte anche delle cozze che compriamo al supermercato, al banco del pesce al mercato o consumiamo in riva al mare con un piatto di spaghetti. Quel che è successo sul Delta del Po, chi ogni giorno vive di questo, l'ha scoperto proprio in questi giorni raccogliendo il lavoro fatto nei 12-18 mesi precedenti. Le vongole, infatti, vengono allevate ed ora, che è arrivato il tempo giusto, dalle reti si tirano su solo gusci vuoti.
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POST ALLUVIONE
«Le vongole trovano il loro ambiente ideale nell'acqua salmastra, acqua dolce e salata insieme. Qui al Delta c'è l'habitat perfetto, ma l'alluvione ha aumentato la portata d'acqua dolce del Po, che ha abbassato la salinità e questo ha portato le vongole ad uscire dalla terra, per cercare l'ossigeno in acqua, esponendosi ai predatori», spiega Stefano Bellini, un giovane produttore di vongole, ma già esperto in quanto figlio di vongolari e delegato di Coldiretti Giovani Ferrara. «Il problema è che negli ultimi anni nell'Adriatico è aumentata la presenza del granchio blu, molto più vorace di quello autoctono che ha iniziato a predare le vongole in risalita, mangiando anche le più grandi, che invece il granchio nostrano non riusciva a rompere».
GLI AUMENTI
«Fino ad ora l'aumento è contenuto intorno all'8%. I lupini scelti oscillano tra 12-14 euro al chilo e le veraci intorno ai 18, ma se la situazione è questa, saliranno ancora» è convinto Raffaele Viggiani, che oltre ad essere il presidente di Assoittici Confesercenti ha una pescheria a Firenze Sud. «In Italia ci sono altri produttori in Campania, Puglia ed in Sardegna, ma si tratta di piccole imprese». Il problema è anche un altro e riguarda i consumatori. Siamo quasi in estate il periodo in cui mangiare un piatto di spaghetti alle vongole è un rito. Dovremmo rinunciare anche a quello per i costi proibitivi? «Non possiamo escluderlo. I prezzi del prodotto erano già alti prima dell'alluvione, ma questo risponde alla legge della domanda e dell'offerta, ma se sale ancora il costo della materia prima, è inevitabile che un piatto di vongole sarà ancora più caro. Sa cosa penso? Che se crescerà ancora, quante persone saranno disposte a spendere 30 euro per un piatto di spaghetti? Diventerà un lusso». Leggi l'articolo completo suIl Gazzettino