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Il nome da mettere sul simbolo ancora non c’è. Con l’aiuto degli istituti di marketing, in queste ore si stanno sondando varie ipotesi. Tutto il resto, invece, comincia a prendere forma rapidamente. A cominciare dal perimetro dell’operazione: i sindaci, con il primo cittadino di Milano Beppe Sala in prima fila. E poi le liste civiche, come quelle che hanno segnato l’ascesa di Roberto Gualtieri a Roma e di Gaetano Manfredi a Napoli. Passando per associazioni ambientaliste e “pragmatiche”, reti giovanili e categorie economiche che, nei giorni scorsi, hanno lanciato appelli per Mario Draghi. Tutti uniti sotto un’unica bandiera: quella dell’agenda riformatrice di SuperMario. E saldamente schierati «contro sovranismi e populismi». In altre parole, nel campo progressista guidato dal Pd. Eccolo, il piano di Luigi Di Maio per correre alle politiche.
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Il piano di Di Maio
Un progetto ancora in divenire, fatto di interlocuzioni che in queste ore vanno avanti «a 360 gradi». E che potrebbe vedere la luce già nell’arco della prossima settimana. Perché l’imperativo, che il ministro degli Esteri ha condiviso con il sindaco di Milano nelle telefonate intercorse tra i due dopo la caduta del governo, è uno: «Accelerare». Fare in meno di un mese (per presentare le liste c’è tempo fino al 22 agosto) quello che si pensava di poter costruire con tutta calma entro la primavera.
«NO AI PERSONALISMI»
Chi sta lavorando alla “cosa” centrista (anche se di centro da queste parti nemmeno si vuol sentir parlare) ci tiene a fare una premessa: «Non sarà il partito di Di Maio».
IL PIANO B
Se non ci si dovesse riuscire, in ogni caso, è già pronto il piano B. Che passa per la disponibilità di un altro dei tessitori molto attivi in queste ore, Bruno Tabacci. L’uomo che, col suo Centro democratico, ha permesso al gruppo di Insieme per il Futuro di Di Maio di nascere al Senato. E che ora potrebbe cedere il simbolo al nascituro “rassemblement” civico. Sollevandolo così dall’obbligo di raccolta firme. C’è chi racconta che sia stato lui a suggerire a Di Maio di posizionarsi senza indugio nell’orbita del Pd: «Le terze vie – lo avrebbe ammonito l’ex Dc – sono a servizio della destra: chi le sceglie fa come Conte...». Anche dall’Italia C’è ne sono convinti: «In campo ci saranno due poli. L’anima civica e riformista del Paese deve stare unita, se vuole impedire la vittoria della destra». Ecco perché Di Maio e i suoi intendono rivolgersi a «tutti», purché non stiano con M5S né con Salvini. Anche, perché no, a Renzi e Calenda. Perché il protagonista, ripetono, non sarà il titolare della Farnesina, ma sindaci, territori e “agenda Draghi”. «Combattiamo la stessa battaglia. Se invece il leader di Azione preferisce far vincere la destra...».
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Il Gazzettino