Di Maio, lista insieme ai sindaci e accordo con i dem: il piano del ministro. Asse con Sala e Pizzarotti

Radicamento nel territorio e niente nomi nel simbolo: «Non sarà un partito personale»

Venerdì 22 Luglio 2022 di Andrea Bulleri
Di Maio, lista insieme ai sindaci e accordo con i dem: il piano del ministro. Asse con Sala e Pizzarotti

Il nome da mettere sul simbolo ancora non c’è. Con l’aiuto degli istituti di marketing, in queste ore si stanno sondando varie ipotesi. Tutto il resto, invece, comincia a prendere forma rapidamente. A cominciare dal perimetro dell’operazione: i sindaci, con il primo cittadino di Milano Beppe Sala in prima fila. E poi le liste civiche, come quelle che hanno segnato l’ascesa di Roberto Gualtieri a Roma e di Gaetano Manfredi a Napoli. Passando per associazioni ambientaliste e “pragmatiche”, reti giovanili e categorie economiche che, nei giorni scorsi, hanno lanciato appelli per Mario Draghi. Tutti uniti sotto un’unica bandiera: quella dell’agenda riformatrice di SuperMario. E saldamente schierati «contro sovranismi e populismi». In altre parole, nel campo progressista guidato dal Pd.  Eccolo, il piano di Luigi Di Maio per correre alle politiche.

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Il piano di Di Maio

Un progetto ancora in divenire, fatto di interlocuzioni che in queste ore vanno avanti «a 360 gradi».

E che potrebbe vedere la luce già nell’arco della prossima settimana. Perché l’imperativo, che il ministro degli Esteri ha condiviso con il sindaco di Milano nelle telefonate intercorse tra i due dopo la caduta del governo, è uno: «Accelerare». Fare in meno di un mese (per presentare le liste c’è tempo fino al 22 agosto) quello che si pensava di poter costruire con tutta calma entro la primavera. 

 


«NO AI PERSONALISMI»
Chi sta lavorando alla “cosa” centrista (anche se di centro da queste parti nemmeno si vuol sentir parlare) ci tiene a fare una premessa: «Non sarà il partito di Di Maio». Anzi, non sarà proprio un partito personale: neanche il nome di Sala comparirà nel simbolo. Il sindaco di Milano in ogni caso sarà in campo, eccome. «Si è messo a disposizione per dare la sua benedizione», trapela da chi tiene i contatti con entrambi i fronti. Federatore, sì, ma esterno: perché l’ex numero uno di Expo non ha alcuna intenzione di lasciare Palazzo Marino, e l’ha ribadito più e più volte. Ma se può dare una mano, incarnando quel trait-d’union tra Palazzo e territorio, tra politica e civismo, è più che disposto a farlo. Non è il solo: dell’operazione fa parte anche l’ex primo cittadino di Parma Federico Pizzarotti. Che in questi giorni sta chiamando di nuovo a raccolta la sua rete di “Italia in Comune”, presente in Emilia Romagna ma forte anche in Puglia. In campo, anzi in cabina di regia, anche l’associazione Italia C’é. Fondata da Piercamillo Falasca (ex collaboratore di Mara Carfagna) e dall’imprenditore e deputato di Italia Viva Gianfranco Librandi. Che è amico e finanziatore di Sala, e pure in ottimi rapporti con Di Maio. Parlando del progetto con gli amici, Librandi si è definito un «facilitatore». «Mi sa che quest’estate non faremo vacanze», gli hanno sentito dire con tono fintamente sconsolato nei giorni scorsi. Perché l’Italia C’è si sta già mettendo a raccogliere le firme per il nuovo soggetto. Quasi una corsa contro il tempo, con l’obiettivo di far comparire un simbolo nuovo di zecca sulla scheda del 25 settembre. 


IL PIANO B
Se non ci si dovesse riuscire, in ogni caso, è già pronto il piano B. Che passa per la disponibilità di un altro dei tessitori molto attivi in queste ore, Bruno Tabacci. L’uomo che, col suo Centro democratico, ha permesso al gruppo di Insieme per il Futuro di Di Maio di nascere al Senato. E che ora potrebbe cedere il simbolo al nascituro “rassemblement” civico. Sollevandolo così dall’obbligo di raccolta firme. C’è chi racconta che sia stato lui a suggerire a Di Maio di posizionarsi senza indugio nell’orbita del Pd: «Le terze vie – lo avrebbe ammonito l’ex Dc – sono a servizio della destra: chi le sceglie fa come Conte...». Anche dall’Italia C’è ne sono convinti: «In campo ci saranno due poli. L’anima civica e riformista del Paese deve stare unita, se vuole impedire la vittoria della destra». Ecco perché Di Maio e i suoi intendono rivolgersi a «tutti», purché non stiano con M5S né con Salvini. Anche, perché no, a Renzi e Calenda. Perché il protagonista, ripetono, non sarà il titolare della Farnesina, ma sindaci, territori e “agenda Draghi”. «Combattiamo la stessa battaglia. Se invece il leader di Azione preferisce far vincere la destra...». 

 

Ultimo aggiornamento: 26 Luglio, 19:55 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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