Gioielliera beffata dal re della truffa: le paga la collana che è di finto oro

Gioielliera beffata dal re della truffa: le paga la collana che è di finto oro
AURONZO - Marchi e caratura erano contraffatti, ma ormai la donna aveva concluso l’"affare" Il nome di Vincenzo Di Noia, 41...

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AURONZO - Marchi e caratura erano contraffatti, ma ormai la donna aveva concluso l’"affare"


Il nome di Vincenzo Di Noia, 41 anni, operaio di origini napoletane, ma residente in Friuli a Meduno (Pordenone), è approdato ancora una volta in tribunale a Belluno.



Ieri era fissato il processo per la presunta truffa messa a segno ai danni di una gioielleria di Auronzo. Ha parlato la parte offesa: «Il 41enne è entrato - ha raccontato - si è tolto la collana che ha detto essere in oro e mi ha chiesto se poteva avere in cambio un bracciale e degli orecchini che voleva regalare alla moglie». La gioielliera ha subito attivato tutte le procedure richieste per la verifica dell’oro. Utilizzando la cosiddetta pietra di paragone ha controllato il monile, accertando che era oro.



Ha poi verificato a occhio nudo la presenza del codice 750 perfettamente uguale a quello che c’è sui gioielli in oro e ha accertato anche la presenza del marchio dell’oro di Vicenza. Ha chiesto i documenti a Di Noia e ha valutato quella collana: 30 grammi di oro per 780 euro. L’uomo ha preso il bracciale (590 euro) gli orecchini (160 euro) e la gioielliera gli ha dato anche la differenza di 30 euro in contanti. Solo tempo dopo si è accorta che quella era una collana d’acciaio, non in oro e ha denunciato il fatto.



La donna ha riconosciuto Di Noia, ripreso dagli impianti di videosorveglianza. Sempre quel giorno il napoletano ci ha provato anche in un altro negozio di Cortina. Il titolare ha raccontato che si era presentato mostrando anche un tesserino della Telecom chiedendo di cambiare una collana in denaro. Lui aveva rifiutato spiegando di non aver contanti.



Ma il 41enne napoletano a Belluno è a processo per un altro caso simile: portò al "compro-oro" del capoluogo due collane ed una croce di falso oro. Anche qui venne pagato, salvo poi ritrovarsi a giudizio quando si scoprì la truffa. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino