Il paziente si fa tatuare sulla schiena il volto del medico che gli ha salvato la vita

Il paziente si fa tatuare sulla schiena il volto del medico che gli ha salvato la vita
Un uomo di 42 anni, affetto da un cancro al colon e operato d'urgenza, ha deciso di manifestare tutta la propria riconoscenza, facendosi tatuare sulla schiena, in segno di...

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Un uomo di 42 anni, affetto da un cancro al colon e operato d'urgenza, ha deciso di manifestare tutta la propria riconoscenza, facendosi tatuare sulla schiena, in segno di gratitudine, il volto del medico che con grande tempestività gli aveva salvato la vita. È accaduto in Argentina, nella provincia di Cordoba.




Come riporta La Voz, Nano Salguero, un uomo che vive in un villaggio della remota provincia argentina, era stato visitato dal proprio medico di base, che gli aveva fatto diagnosticato un sospetto tumore al colon-retto e gli aveva consigliato di recarsi all'ospedale del capoluogo. Nell'ospedale di Clinicas, a Cordoba, Nano ha incontrato Paul Lada, un oncologo di grande esperienza, che può vantare 42 anni di carriera all'interno dello stesso nosocomio e che, dopo aver diagnosticato ufficialmente la malattia, lo ha subito curato, salvandogli la vita con un intervento chirurgico d'urgenza.



In segno di gratitudine nei confronti del dottor Lada, il 42enne ha deciso di farsi fare un tatuaggio sulla schiena, in cui compaiono il volto del medico che gli ha salvato la vita e la facciata dell'ospedale. «Sarò sempre grato a lui e alla sua equipe di medici» - ha spiegato Nano Salguero - «Sono entrato al Clinicas di Cordoba con tutto il peggio della vita e sono uscito con il meglio. Ci sono voluti due mesi per fare questo tatuaggio, ma era il minimo di fronte alla grande umanità dei medici che mi hanno curato».



Dopo l'operazione d'urgenza, Nano è ancora convalescente ma sulla via di un completo recupero. Il dottor Lada, che ha garantito sulle buone condizioni di salute del suo paziente, ha invece dichiarato ad alcuni media argentini: «Il merito non è mai di uno solo, ma di tutto il personale medico-sanitario. C'è una squadra che lavora al fianco dei pazienti affetti da malattie oncologiche e io sono solo un anello della catena. Tutto questo è importante per la guarigione e il miglioramento della qualità della vita, proprio come nel caso di Nano. Negli ospedali i pazienti sono persone, non numeri». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino