Usa, scampata alla pena di morte si suicida 30 anni dopo: tra pochi mesi sarebbe stata libera

Usa, scampata alla pena di morte si suicida 30 anni dopo: tra pochi mesi sarebbe stata libera
NEW YORK – Era uscita di prigione due anni fa. E fra pochi mesi la sua libertà condizionata sarebbe finita. Aveva promesso di girare gli Stati Uniti per parlare ai giovani e...

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NEW YORK – Era uscita di prigione due anni fa. E fra pochi mesi la sua libertà condizionata sarebbe finita. Aveva promesso di girare gli Stati Uniti per parlare ai giovani e spiegare come il crimine non paghi, come ci sia sempre la possibilità di “seguire una strada giusta”.

Ma Paula Cooper ha gettato la spugna. A soli 45 anni ha deciso di porre fine alla sua vita con un colpo di rivoltella alla testa. La polizia l’ha trovata davanti alla residenza in cui viveva ad Indianapolis, la mattina di martedì.

Paula Cooper era stata condannata a morte nel 1985, appena quindicenne, per l’omicidio – insieme a tre compagne di scuola – di un’insegnante di catechismo, la 78enne Ruth Pelke. Era stato un omicidio cattivo e sanguinario. Ma la giovane capì presto l’orrore del suo gesto. Le altre tre si erano però alleate e in cambio di una condanna alla prigone anzichè al boia, dettero tutta la colpa a lei. Fu grazie agli sforzi di due giovani avvocati, Bill Touchette e Monica Foster, che Paula fu salvata dall’esecuzione. Ma ci fu anche – e fu decisivo per convincere il governatore a cambiare la condanna a morte in 60 anni di detenzione - un grande impegno dell’opinione pubblica italiana e del Papa, Giovanni Paolo II.

Paula finì così in prigione, condannata a 60 anni, che si sono ridotti a 30 per buona condotta. Certo, i primi anni in carcere furono difficili. La ragazzina non riusciva ad adattarsi, a obbedire. Poi fu proprio lei a chiedere il trasferimento in una prigione di “alta severità”. E qui, obbligata a seguire un regime preciso, senza concessioni a capricci o disubbidienze, trovò la sua strada: imparò a cucinare e quando andammo a trovarla, nel 2007, ci raccontò che intendeva diventare cuoca, una volta fuori.


Un’altra persona voleva aiutarla: quel Bill Pelke, nipote di Ruth, la vecchietta uccisa da Paula e dalle compagne, che fu subito convinto che la nonna non avrebbe mai voluto vedere “di fatto delle bambine” finire uccise. Bill le è sempre stato vicino. Convinto che la pena di morte sia sbagliata, ha fondato un’associazione, il "Journey of Hope". Paula aveva promesso che una volta finita la libertà condizionata, e cioè fra pochi mesi, lo avrebbe aiutato a gestire l’associazione. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino