Stipendi, aumenti da giugno 2023: taglio del cuneo fiscale sale fino al 4%. Ecco le tabelle

La riduzione più alta dei contributi per gli stipendi fino a 25mila euro. Per quelli fino a 35mila sarà del 3%

Stipendi, aumento da giugno 2023: taglio del cuneo fiscale sale fino al 4%. Ecco le tabelle
Un taglio di un altro punto dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti. La misura annunciata dal governo inizia a prendere forma. A fornire i primi dettagli...

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Un taglio di un altro punto dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti. La misura annunciata dal governo inizia a prendere forma. A fornire i primi dettagli è stato il ministro del Lavoro Marina Elvira Calderone durante un evento organizzato da Fondimpresa. «Il taglio del cuneo», ha detto il ministro, «serve per dare ulteriori risposte». L’impegno della legislatura, ha proseguito, è di un taglio di 5 punti. «Avevamo già fatto un intervento in manovra di bilancio individuando una fascia di lavoratori che per reddito necessitavano di essere sostenuti», ha detto ancora Calderone, e «ora aumentiamo di un punto: gireremo la maggior parte di questo intervento ancora una volta a sostegno delle famiglie e dei redditi da lavoro». Il governo ha già chiesto al Parlamento l’autorizzazione ad utilizzare 3,4 miliardi del “tesoretto” emerso nei conti pubblici grazie al migliore andamento dell’economia. 

Non appena arriverà il via libera delle Camere, sarà approvato un decreto legge che taglierà i contributi per la seconda metà dell’anno. Le misure potrebbero essere inserite nel decreto lavoro da tempo in preparazione e che dovrebbe contenere anche la riforma del Reddito di cittadinanza. Ma che impatto avrà sulle buste paga dei lavoratori un ulteriore taglio dell’1% dei contributi? L’ultima manovra ha già ridotto del 3% i contributi sui redditi fino a 25 mila euro, portando al 2% il taglio del cuneo per gli stipendi tra 25 mila e 35 mila euro. Dunque la nuova misura dovrebbe portare al 4% la riduzione dei versamenti all’Inps per i redditi fino a 25 mila euro e al 3% per quelli tra 25 mila e 35 mila euro. Secondo le simulazioni realizzate su questa ipotesi per il Messaggero dalla Fondazione nazionale Commercialisti, per chi ha un reddito da lavoro dipendente di 15 mila euro, l’aumento netto in busta paga sarebbe di circa 10 euro al mese (9,6 per l’esattezza). A 20 mila euro di stipendio annuo, si otterrebbero 11 euro netti al mese in più, che salirebbero a poco meno di 14 euro a 25 mila euro di retribuzione annua, per arrivare a 15,3 euro netti mensili a 30 mila euro e a 16,4 euro mensili a 35 mila euro annui di stipendio. 

IL PASSAGGIO

Come detto si tratta di cifre “nette”, che tengono cioé conto del prelievo fiscale dovuto all’aumento della retribuzione lorda dopo il taglio del cuneo. L’ipotesi lanciata ieri dal ministro Calderone, è ancora oggetto di confronto all’interno del governo. Tra i ministeri si starebbe discutendo anche di possibili altre misure da introdurre nel decreto. Come un rafforzamento della detassazione dei premi di produttività (fino a fine anno si paga il 5% fino a 3 mila euro di premio con un tetto a 80 mila euro di reddito) e anche della possibile detassazione degli aumenti contrattuali. Quest’ultima ipotesi, tuttavia, deve fare i conti con i dubbi della Ragioneria generale dello Stato per gli elevati costi per i conti pubblici che potrebbe determinare.


 

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Il Gazzettino