La Consulta boccia la riforma Madia, scintille Renzi-Zaia

Marianna Madia
VENEZIA -  La Corte Costituzionale boccia il meccanismo attuativo della riforma della P.a, nei punti in cui prevede per i decreti applicativi il semplice parere delle...

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VENEZIA -  La Corte Costituzionale boccia il meccanismo attuativo della riforma della P.a, nei punti in cui prevede per i decreti applicativi il semplice parere delle Regioni. Per la Consulta, che si è pronunciata sul ricorso della Regione Veneto, serve invece l'intesa, ovvero uno strumento di raccordo più forte. I paletti alzati riguardano la legge 'madre', la delega, e non i provvedimenti, ma arginare gli effetti è impresa ardua, vista anche la tempistica. Nel mirino ci sono le novità in fatto di dirigenza e di servizi pubblici locali, fresche di via libera in Consiglio dei ministri. E poi ci sono 3 decreti che sono già legge: su partecipate, dirigenti medici e licenziamenti lampo per i furbetti del cartellino.


«Siamo circondati da una burocrazia opprimente» ha detto il premier Matteo Renzi dopo la sentenza. «È un Paese in cui siamo bloccati. E poi dicono che non devo cambiare le regole del Titolo V», ha aggiunto riferendosi alle modifiche previste nella riforma costituzionale. «Noi avevamo fatto un decreto per rendere licenziabile il dirigente che non si comporta bene e la Consulta ha detto che siccome non c'è intesa con le Regioni, avevamo chiesto un parere, la norma è illegittima e  arriva a un anno e qualche mese dall'entrata in vigore della legge Madia
».


Per il governatore Zaia si tratta di una «sentenza storica»: «Siamo stati l’unica Regione d’Italia a portare avanti le nostre convinzioni. Il centralismo sanitario governativo ha ricevuto un duro colpo e noi, tanto per fare un esempio concreto, continueremo a nominare i direttori generali della nostra sanità invece che doverli scegliere all’interno di una terna “nazionale” dove poteva esserci anche qualche responsabile di certi sfasci in giro per l’Italia -   commenta - la Regione Veneto  contestava parecchi aspetti della riforma che, anziché fare evolvere il sistema, ne determinavano una profonda e irragionevole involuzione a danno del principio del buon andamento della pubblica amministrazione. Una involuzione che avrebbe compromesso irrimediabilmente soprattutto le realtà regionali efficienti, come il Veneto».
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Il Gazzettino