Il Mezzogiorno va avanti nella sua rimonta. Nel primo trimestre 2017 le imprese attive sono state 8 mila in più, segno di una ritrovata «natalità»,...
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aumentate del 29,1%. L'export è salito a 10,3 miliardi, in aumento del 12,7% contro una media nazionale del 9,7%. Prosegue l'aumento delle società di capitali (+16 mila nel I trimestre 2017 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno), ad un ritmo doppio rispetto al Centro-Nord, un chiaro segnale di irrobustimento del tessuto produttivo. Sono solo alcuni dei dati positivi che emergono dal check up di metà anno che Confindustria e Srm, il centro studi del Gruppo Intesa Sanpaolo, dedicano all'economia e alla società meridionale.
Particolarmente «brillante» è stata la performance del settore macchinari che ha registrato ricavi in crescita del 7,3% ed addetti in aumento del 2,7%. La rimonta iniziata nel 2015 (le regioni del Sud sono cresciute pià della media nazionale) è ancora in pieno svolgimento, quindi, trainata dall'industria in senso stretto il cui valore aggiunto è cresciuto, nel 2016 del 3,4%, oltre 2 punti in più della media nazionale. Ma la strada è ancora lunga. Quattro indicatori su cinque, ad eccezione dell'export, sono infatti ancora al di sotto dei livelli pre-crisi. Con la conseguenza che la disoccupazione resta altissima, quasi il doppio della media nazionale, e quella giovanile ha raggiunti livelli quasi indicibili: il 56,3%. «Elevato» anche il numero dei Neet, dei giovani che non studiano e non lavorano: sono 1 milione e 800 mila al Sud (più di metà del dato nazionale).
E proprio la questione giovani rischia di essere il «detonatore» del futuro. «Se vogliamo risolverla dando le pensioni ad altri e un contentino ai giovani siamo sulla strada sbagliata» dice il numero uno di Confindustria, Vincenzo Boccia. Che rilancia l'idea del «patto intergenerazionale», di «un grande piano per i giovanim, per farli entrare nelle fabbriche». «Non si può continuare a parlarne senza fare niente. Dire che gli diamo la pensione, quando ancora non hanno un lavoro, è offensivo. Basta chiacchiere, servono i fatti» sbotta il presidente degli industriali italiani. Ingrediente essenziale del patto dovrebbe essere il taglio del cuneo fiscale sui nuovi assunti per 3 anni. «Costerebbe un terzo del progetto pensioni di cui abbiamo sentito parlare negli scorsi giorni» afferma Boccia. E poi porterebbe tre risultati contemporaneamente: «Si aiuta chi assume e si migliora la competitività delle imprese; si dà un progetto di vita ai giovani e questo ha un grande effetto psicologico, quindi riattiva la fiducia; si crea una società più giusta e generosa».
Il mood generale resta comunque positivo. C'è la volontà degli imprenditori meridionali di risalire la china, ma hanno anche funzionato - riconoscone Confindustria - alcune misure messe in campo dal governo: in particolare il credito di imposta così come modificato dal Parlamento questa primavera. In quasi un anno, tra giugno 2016 e aprile 2017 le comunicazioni sono state poco meno di 5.000, per 211 milioni richiesti. Dopo le modifiche, nei soli due mesi tra
aprile e giugno di quest'anno, le comunicazioni accolte sono state 4.700 per un totale di 870 milioni richiesti.
Alla luce di questi dati Boccia chiede una proroga delle misre sugli ammortamenti: il credito d'imposta per il Mezzogiorno - dice - «è un acceleratore, non è discrezionale, è premiante per gli investimenti e ha una dimensione etica perchè funziona per chi paga le tasse e non per chi è sommerso». Tra le richieste anche «risolvere l'articolo 39 per gli energivori e il problema degli investimenti».
La proposta di Confindustria di un «patto intergenerazionale per i giovani» piace al nuemro uno della Cisl, Annamaria Furlan: «Boccia ha certamente ragione: nonostante qualche timido passo in avanti, il quadro economico e sociale del Mezzogiorno rimane per molti versi ancora drammatico, come dimostrano anche i dati sull'esplosione della povertà e sul numero dei Neet». La Furlan dice «no a interventi assistenziali o a proposte politiche ed
economiche velleitarie». E conclude: «È arrivato il momento che il governo, anche in previsione della prossima manovra, pensi ad una fase di nuova concertazione convocando gli Stati Generali per il Mezzogiorno». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino