Venezia, una città industriale

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C'è stato un tempo in cui Ca' Foscari aveva uno dei primi e dei migliori corsi di laurea in Storia d'Italia. E lui, Reinhold C. Mueller, faceva parte del nucleo dei cinque insegnanti scelti da Gaetano Cozzi e Marino Berengo nel 1978 per avviare il nuovo corso. «Una gran bella cosa», ricorda il professore, ora in pensione, che vive a Venezia, zona Arsenale, «due accademici dei Lincei, Cozzi e Berengo, hanno lanciato uno dei più apprezzati dipartimenti di Storia. Per dieci anni insegnarci è stato eccitante, è stata una gioia. Venivano studenti da ovunque». Ora la casa editrice Viella celebra il docente cafoscarino raccogliendo gran parte dei suoi saggi sull'economia veneziana medievale nel volume Venezia nel tardo medioevo/Late Medieval Venice, a cura di Luca Molà, Michael Knapton, Luciano Pezzolo. Il disegno in copertina mostra alcuni groppi, ovvero sacchi che contenevano fino a una ventina di chili di monete d'oro e d'argento, mentre vengono caricati in una galea diretta in Levante.


TRA VENEZIA E L'AMERICA
Mueller ha insegnato Storia, ma anche la sua storia è interessante: è nato nel 1940 negli Stati Uniti, a St. Louis, ed è stato il primo membro della sua famiglia a ricevere la cittadinanza americana, per lo ius soli. I suoi genitori, assieme alle tre sorelle maggiori, erano fuggiti dalla Germania nel 1937 in quanto oppositori del nazismo e pacifisti.


Il papà era di Berlino, la mamma di Colonia, e si erano conosciuti all'università di Colonia, dove entrambi studiavano Scienze politiche. Due mesi dopo la sua nascita, la famiglia si è trasferita dal meridionale Missouri al settentrionale Minnesota, uno degli stati con gli inverni più freddi degli Usa. «L'ultimo anno che sono stato là, nel 1962, erano caduti due metri di neve. Gli automobilisti infilavano oggetti colorati sulle antenne radiofoniche delle macchine per riuscire a vedersi agli incroci». È venuto a Venezia per finire il dottorato con la John Hopkins University di Baltimora, quindi ha insegnato nell'Illinois e poi ha lavorato nell'Archivio di stato di Firenze, dove era uno degli studiosi incaricati di ricomporre i volumi di documenti andati sott'acqua nell'alluvione del 1966. Erano libroni da mille fogli, tagliati per farli asciugare, e bisognava rimetterli assieme, per esempio riconoscendo la scrittura dei vari notai che avevano compilato gli atti cinque o sei secoli prima.

Quindi è tornato negli Stati Uniti e infine è approdato a Venezia dove è diventato il punto di riferimento per gli studi sull'economia medievale. Nessuno meglio di lui è in grado di illustrare quali fossero le caratteristiche economiche della città che la differenziavano, per esempio da Firenze. È risaputo che Firenze era una potenza finanziaria, mentre Venezia era una potenza commerciale. «Questo però», osserva Mueller, «rischia di oscurare la vocazione industriale di Venezia. La città era un importante polo di tintura della seta, era la capitale editoriale e pure il primo produttore di sapone del mondo occidentale. Si può anche parlare di una sorta di industria chimica per la raffinazione dei metalli non preziosi e preziosi, come il rame e l'argento. Ci tanti elementi che sfuggono alla dicotomia finanza/commercio». Inoltre si registravano importanti commistioni. I banchieri fiorentini avevano un essenziale ruolo in laguna. «I fiorentini hanno fatto di Venezia», sottolinea Mueller, «il perno del mercato finanziario delle lettere di cambio, strumenti al tempo fondamentali per il trasferimento di denaro e per definire il prestito a breve e medio termine».


LA FINANZIA FIORENTINA
La parola cambiale deriva dalle lettere di cambio e il cambio veniva usato per dissimulare il prestito che era vietato dalla Chiesa. A Venezia era presente una filiale del banco Medici, e la famiglia fiorentina dei Gaddi ha creato in laguna un importante banco internazionale. Racconta il prof. Mueller: «Era una famiglia di pittori, uno dei fratelli viene a Venezia e fonda la casa bancaria che si sviluppa e fiorisce fino alla peste del 1400, quanto il titolare si ammala e muore». Banchieri fiorentini erano pure i Salviati: uno dei loro garzoni si innamora di Bianca Cappello, la porta a Firenze e dà inizio alla vicenda che farà diventare la nobildonna veneziana granduchessa di Toscana. Londra e Bruges erano le piazze dove i mercanti veneziani si confrontavano con quelli genovesi, con questi ultimi che utilizzavano grandi navi tonde dalle maggiori capacità di carico rispetto alle galee da mercato costruite nell'arsenale di Venezia. Conflittuale, invece, il rapporto con Milano che per due volte, negli anni venti e settanta del Quattrocento, ha cercato di sottrarre a Venezia i mercanti tedeschi, offrendo loro la possibilità di avere un fondaco a Genova in quel periodo sotto controllo milanese senza le restrizioni alle quali dovevano sottostare a Venezia. I milanesi prospettavano ai tedeschi, oltre a un posto dove stare, anche una legislazione diversa da quella veneziana che imponeva loro una serie di restrizionI alla libertà personale, come l'obbligo di risiedere nel fondaco e la proibizione di circolare dopo il tramonto.


PENURIA D'ARGENTO


Entrambe le occasioni corrispondono a un momento di penuria di argento che i mercanti tedeschi portavano nel loro fondaco veneziano per poi rivenderlo ai rappresentanti degli altri stati italiani (gran parte delle miniere d'argento si trovavano i territori controllati dagli Asburgo). Addirittura i milanesi si mettono a coniare grossi veneziani contraffatti, con un contenuto di argento inferiore di circa il 20 per cento rispetto alle monete autentiche. Siccome, in base alla legge di Gresham, la moneta cattiva scaccia quella buona, i milanesi portavano a Venezia le loro monete svilite per poi rientrare a Milano con monete a maggior contenuto di intrinseco e quindi lucrare sulla differenza del fino in metallo prezioso. Comunque non ci riescono: «Venezia era una piazza affermata nel mercato dei metalli preziosi, del raffinamento e dell'esportazione di monete verso il Medio oriente», commenta Mueller, proprio come dimostra l'illustrazione della galea che carica sacchi di denaro. Il fondaco dei tedeschi ha costituito pure il modello su cui si sono conformate le regole che reggevano il ghetto ebraico, istituito nel marzo 1516. «I governanti di Venezia», afferma Mueller, «avevano sotto il naso il sistema di contenimento dei mercanti tedeschi che facevano rientrare al tramonto, al suono della campana, e che non potevano uscire fino all'indomani mattina. I mercanti passavano le serate ubriacandosi e giocando sui davanzali, infatti ci sono ancora parecchi giochi di tria intagliati nella pietra, anche se adesso si fa difficoltà a vederli». Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino