Canale di Otranto, il tesoro della Magna Grecia si "mostra" al pubblico: restauro show per il carico del relitto di 2600 anni fa

Canale di Otranto, il tesoro della Magna Grecia si "mostra" al pubblico: restauro show per il carico del relitto di 2600 anni fa
La mano esperta del restauratore accarezza l’elegante anfora corinzia di 2600 anni fa. Perfettamente integra nel profilo della ceramica, appare puntellata di incrostazioni...

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La mano esperta del restauratore accarezza l’elegante anfora corinzia di 2600 anni fa. Perfettamente integra nel profilo della ceramica, appare puntellata di incrostazioni calcaree. D’altronde è rimasta per millenni sul fondo del mare Adriatico, a quasi ottocento metri di profondità nel Canale di Otranto, nel prezioso carico del relitto arcaico del VII secolo a.C. proveniente da Corinto e affondato a 22 miglia dalla costa. La fase più delicata del restauro sta per essere affrontata: «Prima dobbiamo desalinizzare il reperto attraverso lavaggi in acqua di rete e in acqua demineralizzata, poi passeremo alla rimozione delle incrostazioni calcaree», spiega Barbara Davidde alla guida della Soprintendenza nazionale per il patrimonio subacqueo.

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IL ROVER HI-TECH

Anche le incrostazioni fanno parte della storia. «Dobbiamo preservare il manufatto senza cancellare i segni del tempo», avverte Davidde. L’équipe di restauratori è al lavoro nei Laboratorio della Soprintendenza di Taranto. È qui che è stato ricoverato il tesoro marino della Magna Grecia. Ripescato dall’abisso con un’impresa altamente tecnologica. C’è voluto un rover sottomarino hi-tech e di una sorta speciale ventosa collegata ad una pompa aspirante per sollevare i reperti in sicurezza. Tutte apparecchiature d’avanguardia messe in campo da TAP (Trans Adriatic Pipeline). Il relitto, non a caso, era stato intercettato nell’ambito delle operazioni per la realizzazione del metanodotto. La notizia della scoperta e del recupero di parte del carico del relitto era stata data dal Ministero della Cultura lo scorso 16 ottobre. Ora, questo patrimonio preziosissimo di decine di reperti entra nella fase di restauro e valorizzazione.

LA MOSTRA

Sabato 18 dicembre le sale del Laboratorio della Soprintendenza accoglieranno l’evento espositivo “Restauri in mostra: i materiali del relitto alto-arcaico del Canale di Otranto”, frutto di un accordo siglato con la TAP che ha sostenuto il restauro delle ceramiche recuperate: un panorama mozzafiato di anfore e brocche, ma anche un gran quantità di coppe da vino in ceramica di estrema raffinatezza, destinate alla tavola delle élites della Magna Grecia (trovate ancora impilate e imballate all’interno di grossi vasi-giare usati per proteggerle dal rischio di incidenti durante la trasferta in mare). Ventidue reperti in ceramica finissima, tutti contenitori da trasporto per la conservazione di alimenti e olio durante il viaggio. Per la prima volta, grazie al sostegno di TAP, «sarà possibile osservare i restauratori direttamente a lavoro mentre effettuano attività conservative e diagnostiche direttamente sui reperti», annuncia Barbara Davidde. «TAP è da sempre impegnata nella salvaguardia del patrimonio culturale dei paesi attraversati dal gasdotto - spiega Luca Schieppati, Managing Director di TAP - e ha impiegato svariate centinaia di archeologi nelle operazioni di gestione e messa in sicurezza dei numerosi siti e manufatti rinvenuti lungo il percorso della tubazione».

IL SIMPOSIO

E ora il tesoro del canale di Otranto può essere svelato al grande pubblico. L’inaugurazione sarà l’atteso gran finale del Simposio Internazionale di Archeologia Subacquea al via da domani a sabato a Taranto, presso il Circolo Ufficiali della Marina Militare, con il coinvolgimento di sessanta studiosi dall’Italia, dall’Europa e dall’America Latina. Una tre giorni per celebrare il ventennale della Convenzione Unesco per la protezione del patrimonio sommerso, per fare il punto sui traguardi del progetto “Restaurare sott’acqua”, ideato da Roberto Petriaggi, e ripercorrere i risultati del primo anno di attività della Soprintendenza Subacquea.

«Un istituto che nasce per tutelare, gestire e valorizzare un ambito fondamentale del patrimonio culturale del nostro Paese», ricorda il ministro Dario Franceschini. Intanto nei laboratori di Taranto, le ceramiche sono sotto le cure dei restauratori. E si aspettano possibili sorprese: «Perché all’interno dei contenitori potrebbero essere scoperti altri resti organici». Una delle anfore corinzie ha svelato, infatti, i resti di noccioli di olive. «Importanti per l’aspetto culturale ma anche economico in quanto dimostrano fenomeni di importazione di olio dalla madrepatria». Una storia, insomma, che passa dal carico di una nave corinzia, riflette Davidde: «Si tratta di una testimonianza che getta luce sui primi contatti commerciali tra la Grecia e le colonie magno-greche».

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Il Gazzettino