Si dice che sarà l’archivio di moda più grande del mondo: non vi si accede con facilità in quanto è ancora in fase di...
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Nel Museo che si inaugurerà tra alcuni mesi , tutto risulterà com’era nel 2002 quando Saint Laurent presentò la sua ultima collezione . E’ proprio per esaudire un sogno che Yves accarezzò da sempre che Bergè ha deciso di dare vita al Museo che in fondo il ragazzo d’Algeria (Saint Laurent era nato a Oran nel 1936) si è costruito momento per momento con la volontà di conservare ogni schizzo, ogni dettaglio, ogni abito di tutte le collezioni . Una porta blindata separa l’area dell’atelier dove si stanno completando i lavori di archiviazione dal resto della palazzina dove fervono i lavori di strutturazione architettonica del prossimo Museo. Superata la soglia per ora proibita al pubblico, la stanza dove Yves lavorava, il suo mitico atelier, si presenta con gli oggetti che lo stilista voleva sul tavolo, dalle scaramantiche spighe (“portafortuna”) al leone di marmo che raffigurava il suo segno zodiacale, i piccoli bulldog in miniaura (ai quali Yves assegnava sempre lo stesso nome: Moujik), la raccolta di bastoni da passeggio appartenuti a Christian Dior, lo stilista che per primo credette in Saint Laurent invitandolo a disegnare nel suo atelier dove Yves iniziò il suo percorso. C’è la sedia dove lo stilista sostava sempre irrequieto, qua e là appendini con alcuni dei modelli che hanno fatto la storia della famosa griffe. Il tailleur pantalone, lo smoking al femminile ,le sahariane, il trench –coat: il mondo maschile dell’abbigliamento trasferito con affermazione rivoluzionaria per allora nel guardaroba femminile. Impossibile toccare i tessuti: per entrare nel sancta sanctorum è d’obbligo calzare soprascarpe di plastica e grembiuli protettivi per timore di eventuali contaminazioni.
Non c’è traccia nelle sue stanze per ora (forse sarà presente nel Museo) della vita irrequieta, delle fughe verso abbandoni che lo vedevano in compagnie temibili, tentatori senza scrupoli che rincorrevano la sua voglia di distanza da tutto, alla fine anche dalla vita. Un misterioso colpo di pugnale lo ferì, fortunatamente con conseguenze non mortali , durante una delle notti vissute in ambienti degradati, in guerra contro la prudenza, contro la ragione, forse contro la vita.
Tra pochi mesi il Museo parigino dovrebbe aprirsi per riportare come se fosse ancora tra noi il libro di vita del più grande stilista della seconda metà del Novecento. Quando io lo conobbi era ancora nell’atelier di Rue Spontini dove Saint Laurent , licenziato da Dior , aveva iniziato la sua carriera, incoraggiato e sorretto da Pierre Bergè, il mecenate illuminato che lo avrebbe amato ( e assistito) per tutta la vita. Leggi l'articolo completo su
Il Gazzettino