Dolcetta: «Ripartitamo da 6,3 euro
ma ora i nostri numeri sono veri»

Giovedì 18 Febbraio 2016 di Maurizio Crema
Dolcetta: «Ripartitamo da 6,3 euro ma ora i nostri numeri sono veri»
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VICENZA - «La Popolare di Vicenza è pronta a voltare pagina, il prezzo di recesso a 6,3 euro è un punto di partenza. Una cosa deve essere chiara: aumento di capitale e Borsa sono obbligati».
Stefano Dolcetta, presidente della banca veneta dalla fine di novembre del 2015, è nel suo ufficio in Fiamm, l’azienda vicentina da oltre 600 milioni di fatturato della quale è socio e Ad. «Sono giornate impegnative tra banca, Fiamm e anche Confindustria - dice Dolcetta -. Se in futuro arriverà un fondo speculativo mi farò da parte, se ci sarà invece una compagine di nuovi soci con un programma di sviluppo potrei accettare di restare».
Il cda della banca ha fissato il prezzo di recesso a 6,3 euro e lanciato un’operazione da 1,75 miliardi con bonus per i vecchi soci. Come funziona l’operazione?
«C’è un incentivo per chi rimane socio di 38 e 75 milioni di euro, una sorta di diritto per comprare azioni con uno sconto massimo al 50%. Un’opzione che non ha mercato».
Questa operazione serve a evitare cause da parte dei vecchi soci?
«Non è questa la finalità. L’obiettivo è stabilizzare il più possibile l’azionariato e riconoscere ai vecchi soci un piccolo vantaggio. L’aumento di capitale che serve alla banca rimane quello fissato: 1,5 miliardi».
Che dice ai soci dopo che hanno il valore della banca precipitare a 630 milioni e le azioni scendere in un anno da 62,5 a 6,3 euro, peraltro teorici?
«Io sono un presidente pro tempore e sono entrato solo due mesi e mezzo fa. Il consigliere delegato Francesco Iorio ha fatto un grande lavoro di pulizia e riorganizzazione. Sul prezzo di recesso a 6,3 euro dico ai soci che tiene conto della situazione della banca, degli utili attesi al 2018 e del mercato di oggi, dove Unicredit ha perso il 40% pur facendo 1,7 miliardi di utili».
Avete perso raccolta anche nel 2016?
«Dall’inizio dell’anno la raccolta totale, comprese le cartolarizzazioni, è aumentata di 3,5 miliardi. Rispetto al 2015 non abbiamo perso clienti, sono rimasti 1,4 milioni, alcuni hanno ridotto i loro depositi per effetto del bail in. C'è tanta gente che ha interesse a parlare male delle banche, anche all'estero. Ma io sono ottimista. I soldi ci sono. Iorio parte il 23 e il 24 febbraio per gli Usa, poi va a Londra, quello che conta è spiegare agli investitori stranieri che il piano industriale è credibile, e lo è. La nostra partita oggi è riconquistare la fiducia, e i dipendenti devono ritrovare motivazione».
È un punto di ripartenza molto basso: da aprile l’azione ha già perso l’87%.
«Ma i numeri ora sono veri, la trasparenza assoluta. Io non mi sento responsabile del bilancio 2015 chiuso con 1,4 miliardi di perdite, ma ci metto la faccia. E dentro ci sono tante cose positive, a partire dai 5500 dipendenti».
Il personale della banca era quello che un anno fa vendeva le azioni a 62,5 euro.
«Se le direttive erano queste, si doveva vendere a quel prezzo. Oggi noi chiediamo ai nostri dipendenti di lavorare in maniera diversa. C'è un nuovo direttore del personale, il dottor Giovanni Rossi, determinato, corretto, capace. Nel piano industriale è prevista l'uscita di 570 persone ma anche l'ingresso di 170 giovani. La banca è cambiata».
Capitolo alleanze: c’è qualcosa in cantiere?
«Non c'è nessun tipo di accordo e di contatto. L’obiettivo è di arrivare alle necessarie trattative non come preda. Per far questo dovremo fare l’aumento di capitale da 1,5 miliardi, soldi necessari per fare il nostro lavoro. So che non sarà una passeggiata, il capitale attuale verrà diluito moltissimo».
Non potete rinviare l’aumento?
«No, l’aumento di capitale deve essere fatto entro aprile. Lo deciderà l’assemblea del 5 marzo, mentre il 26 marzo si terrà l’assemblea per l’approvazione del bilancio 2015».
Il prezzo di Borsa sarà lontano dai 6,3 euro del recesso?
«I 6,3 euro sono una stima degli advisor. Il prezzo in Borsa potrà subire molte influenze, potrebbe essere superiore e anche inferiore. Io spero che le condizioni di mercato in aprile siano migliori. Un anno fa eravamo fuori dalla Borsa, ma una banca di queste dimensioni non può avere una governance da cooperativa».
Pronte azioni di responsabilità verso gli ex vertici?
«Le cause si fanno quando ci sono fatti acclarati. Se le perde la banca paga un conto salato. Ci vogliono calma, pazienza, dati certi».
Bisogna aspettare l'inchiesta dei giudici?
«Quello è un dato importante, ma questo tema non sta condizionando la vita del cda attuale. Sui 6,3 euro c'è stata unanimità».
Prevedete che il 45% dell’aumento venga sottoscritto dai vecchi soci. Non è troppo ottimismo?
«Ora è più facile parlare con i soci potenziali veneti e vicentini».
Quando incontrerete Cariverona?
«Il nuovo presidente Mazzucco e Paolo Biasi li incontrerò lunedì. Mi auguro un loro contributo».
E Cattolica?
«Devo incontrare il presidente. Per ora non abbiamo evidenze di una loro partecipazione all’aumento».
Siete preoccupati dalla concorrenza dell’offerta di Veneto Banca?
«Sarebbe stato meglio che ce ne fosse stata una sola. Chiaro che c'è forte sovrapposizione, io stesso sono azionista di Veneto Banca».
Parteciperà al loro aumento?
«Se mi convince, chiederò al mio amico Bolla. A parte gli scherzi, non andrei a fare confronti con nessuno. Noi abbiamo la convinzione di portare a casa quello che è scritto sul piano. E ora c’è più fiducia».
Il 5 marzo come andrà?
«Mi aspetto un'assemblea di fuoco, ma sono abbastanza vecchio per affrontare queste cose».
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