Profughi nelle case, controlli del Comune

Lunedì 25 Luglio 2016
(L.M.) L'ex centro di prima accoglienza cittadino installato all'ex caserma Prandina a Savonarola, è ormai di fatto chiuso. Al suo interno sono ospitate, da un paio di settimane, l'ex caserma non è più utilizzabile per ospitare immigrati dal primo luglio scorso, solo 18 donne per le quali si cerca ancora una sistemazione. Le strutture che accolgono immigrate infatti sono presente in numero minore rispetto a quelle riservati ai maschi. Se la Prandina è chiusa in città non mancano però i richiedenti asilo ospitati in numerosi appartamenti dislocati in diversi quartieri della città: dall'Arcella ad Altichiero, da Savonarola al rione Cave. Sono infatti un centinaio i padovani che hanno contattato la Prefettura per mettere a disposizione le proprie case che devono avere i requisiti previsti dalla legge (dm del 1975) ossia un bagno ogni 56 metri quadrati per le prime quattro persone e 10 metri quadrati per ogni persona aggiuntiva. In pratica 6 persone per 76 metri quadri che possono diventare 12 nel caso l'alloggio sia fornito di 2 bagni. Parametri che devono essere rigorosamente rispettati in quanto l'amministrazione oltre un anno fa, ha iniziato le verifiche del rispetto dei parametri previsti in tutte le abitazioni. Controlli che proseguono sistematicamente, come spiega l'assessore Maurizio Saia.
Ogni settimana vengono controllati uno o due alloggi nei quali potrebbe esserci un sovraffollamento, non solo nel caso che ad occuparli siano i richiedenti asilo. In caso ne sia verificata l'esistenza scatta una sanzione amministrativa pari a 500 euro e si procede allo sgombero dei locali. Opzione quest'ultima messa già in pratica diverse volte all'interno del territorio comunale. Sette abitazioni che accolgono gli immigrati, massimo 4 o 5 persone, sono gestite dalla cooperativa «Percorso vita» fondata da Don Luca Favarin che, ad agosto dovrebbe aggiungere altre 3 o 4 case riservate ai richiedenti asilo. Altre sono gestite da alcune cooperative che operano in città, il privato infatti affitta il proprio alloggio ma sono le coop ad occuparsi in toto degli immigrati.

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