Luigi Caorlini, l'orafo che realizzò il leggendario elmo a 4 corone per il sultano Solimano

Lunedì 19 Giugno 2023
Luigi Caorlini ritratto da Matteo Bergamelli

Ci sono persone che finiscono per legare la propria esistenza a un unico fatto, a una sola azione, oppure alla realizzazione di un oggetto, che finiscono per identificarle nel mondo e nella storia nei secoli successivi.
Anche quando questo oggetto, come nel caso dell'orafo Luigi Caorlini (del quale non si hanno notizie sulla vita), non esiste più da moltissimo tempo.

Un oggetto scomparso e divenuto perfino leggendario, fino a che non sono stati ritrovati i documenti che ne comprovano l'esistenza storica: l'elmo a quattro corone sovrapposte concepito per Solimano il Magnifico.
Era il 1532, e nella bottega dei maestri orafi Caorlini - in collaborazione con altri validi "oresi", sotto i portici dell'omonima ruga a Rialto - si lavorò dunque a uno dei più bei gioielli mai conosciuti al mondo: "Uno elmo d'oro bellissimo lo descrisse così il cronista Marin Sanudo pien de zoie con 4 corone, su le qual è zoie de grandissima valuta e il penachio d'oro lavorado excellentissimamente val assà danari".
Si trattava di un elmo di foggia austriaca simile però visivamente a una tiara papale costituito da quattro corone sovrapposte (i luoghi sui quali regnava Solimano: Asia, Grecia, Turchia, Egitto), tempestato di pietre preziose e coronato da una piuma di uccello esotico. L'elmo-corona - interamente d'oro - era sormontato da "una montatura a forma di mezzaluna", ed era tempestato di "enormi perle da dodici carati, una fascia con diamanti a punta, quarantasette rubini, ventisette smeraldi e un grande turchese".
Oggi esistono solamente delle stampe nelle quali Solimano è raffigurato con la corona, che prima di partire per Costantinopoli fu portata a Palazzo Ducale perché il doge Andrea Gritti potesse ammirarla, e fu lasciata esposta al pubblico per tre giorni. Con l'elmo partirono anche una sella con pietre preziose e una gualdrappa da cavallo ricoperta di gioie e perle, un trono e uno scettro. La cifra realizzata fu pari a 115mila ducati veneziani, all'incirca la metà delle intere esportazioni veneziane di quell'anno!
Il fatto che al dogado ci fosse Andrea Gritti favorì senz'altro l'affare, visto che - oltre al fatto che il nobile aveva trascorso gran parte della sua vita a Costantinopoli - a chiudere l'affare furono il Gran Visir Ibrahim Pasha e i suoi principali consiglieri, tra cui skender Çelebi, il capo tesoriere, e Alvise Gritti, figlio naturale del doge divenuto un potente commerciante di gioielli proprio a Costantinopoli, dove il 12 maggio 1532 l'elmo fu consegnato a Ibrahim Pasha da Luigi Caorlini, che aveva accompagnato l'oggetto.
La corona fu probabilmente concepita come risposta all'incoronazione a imperatore del Sacro Romano Impero di Carlo V, avvenuta due anni prima da parte di papa Clemente VII. Le quattro corone dell'elmo prevalevano infatti tanto su quella imperiale che sulle tre montate sulla tiara papale, rendendo tangibile la pretesa di Solimano a una sovranità universale.
L'elmo non fu probabilmente mai indossato dal sultano, ma fu utilizzato appunto simbolicamente durante la campagna che Solimano mise in scena contro Vienna in quello stesso anno, con una sfilata trionfale che da Istanbul mosse verso la capitale dell'impero d'Occidente: a Belgrado, le strade furono decorate con archi trionfali mentre il sultano marciò insieme a un seguito di paggi vestiti con eleganza, incluso uno che probabilmente indossava l'elmo. A Nish, gli inviati asburgici furono costretti ad assistere a una processione simile dall'alto di un minareto. L'impatto di questa parata durò a lungo, e le xilografie della corona furono in parte responsabili del titolo di "Magnifico" che Solimano ebbe in Occidente. La corona finì per essere citata anche nelle commedie e nelle opere europee dell'epoca.
Nonostante il suo valore enorme, però, l'elmo aveva poco significato nel contesto ottomano, poiché i sultani tradizionalmente non indossavano corone. Esaurito il suo scopo propagandistico, è probabile dunque che l'opera sia stata successivamente smembrata. Di essa si finì per perdere memoria storica, e per secoli si ritenne che l'elmo fosse stata un'invenzione fantasiosa degli incisori, fino a quando - nel Novecento - non furono riscoperti i documenti che comprovavano l'esistenza dell'oggetto, e dell'orafo veneziano che lo aveva realizzato: Luigi Caorlini.
Alberto Toso Fei
 

Ultimo aggiornamento: 20:35 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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