Giulia Cecchettin. Gli inquietanti appunti su come immobilizzarla e ridurla al silenzio, il lavoro dei Ris sui dispositivi sequestrati a Turetta

Giovedì 16 Maggio 2024 di Roberta Brunetti
Giulia Cecchettin. Gli inquietanti appunti su come immobilizzarla e ridurla al silenzio, il lavoro dei Ris sui dispositivi sequestrati a Turetta

VENEZIAAppunti su come immobilizzare Giulia Cecchettin, sui punti dove applicarle il nastro adesivo: bocca, mani, caviglie e ginocchia. Filippo Turetta li aveva scritti, per poi cancellarli. Ma il lavoro dei Ris, che hanno passato a setaccio i dispositivi sequestrati al giovane arrestato per l’omicidio, sono riusciti a recuperarli. Un elemento in più in mano all’accusa per dimostrare premeditazione, crudeltà ed efferatezza del femminicidio. Particolari che aggiungono orrore ad orrore, come la settantina di coltellate inflitte alla giovane dall’ex fidanzato. Quel Filippo che tanto si era disperato per la loro separazione, per cui Giulia si preoccupava e che forse per questo aveva accettato di vedere anche la sera di quel fatale 11 novembre, da amico, senza immaginare che stesse pianificando la sua morte. 

LA PREPARAZIONE

Capo d’imputazione e atti, depositati ieri dalla procura di Venezia a conclusione delle indagini, ricostruiscono così un quadro forse ancora più impressionante di quanto si era immaginato. A cominciare proprio dall’accurata preparazione del delitto. Una «attività di preordinazione», come l’ha definita il procuratore capo Bruno Cherchi, riassumendo le accuse del capo d’imputazione. Al giovane si contestano la «ricerca dei luoghi tramite internet», così come l’acquisto della «cartina stradale». Strumento necessario per chi voglia muoversi, a cellulare spento, per non farsi localizzare. E ancora c’è l’acquisto del «materiale necessario per immobilizzare la vittima». Un’attività preordinata, appunto, che procede «pianificando gli acquisti di beni strumentali che serviranno per l’azione criminosa, progettando nel dettaglio le fasi violente dell’azione e quindi il silenziare la persona offesa, avvinta, non solo legata, ma anche incerottata, immobilizzandola, legandola, applicando il nastro adesivo su bocca, mani, caviglie e ginocchia». Sono questi i contenuti degli appunti riemersi dall’esame dei dispositivi che Turetta riteneva di aver “ripulito”, che in realtà hanno restituito tracce ora ritenute fondamentali dall’accusa. 

LA VIOLENZA

Tracce di nastro adesivo sono poi state trovare sui capelli di Giulia. Violenza pianificata, quindi messa in pratica. Le indagini di questi mesi hanno meglio ricostruito anche le diverse fasi dell’omicidio. Da quel primo sangue trovato del parcheggio vicino a casa della ragazza: qui la prima aggressione, con la ragazza che viene caricata a forza in macchina. Poi Giulia riesce a scappare dall’auto e a testimonianza di questa fuga disperata ci sono le immagini rispese dalle telecamere di videosorveglianza dell’area industriale di Fossò. Immagini sgranate, ripulite dai Ris che comunque non danno i dettagli di una sequenza tanto drammatica. La certezza resta, invece, la settantina di coltellate inflitte alla ragazza, alcune anche all’interno dell’auto. Solo un paio probabilmente quelle mortali. Tante, almeno una ventina, quelle difensive, che raggiungono Giulia alle mani e alle braccia, mentre lei cerca disperatamente di proteggersi dalla violenza omicida di Filippo. 

IL CALVARIO

I particolari del suo calvario non sono ricostruiti nel capo d’imputazione, ma c’è la sequenza dell’orrore: dalla prima aggressione, al sequestro, fino all’omicidio. Ultimo atto la fuga dell’omicida, con l’abbandono del cadavere.

Anche questo accuratamente pianificato da Turetta. «Si era munito dei beni utili alla fuga - ha ricostruito Cherchi - e ha cercato un’altra località di montagna dove poter facilmente nascondere il cadavere». Il canalone a Barcis.

Ultimo aggiornamento: 17:03 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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