Italiani rapiti in Libia, parla Salviato:
«Lì non sai mai di chi ti puoi fidare»

Martedì 20 Settembre 2016
Gianluca Salviato
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MARTELLAGO - «Ho sentito ieri sera la notizia del rapimento dei due nostri connazionali e a quanto pare di capire gli autori potrebbero essere i membri una delle tribù di tuareg della zona. Adesso bisogna sperare che non li vendano per pochi soldi ai terroristi. Questo è il pericolo vero». Così Gianluca Salviato rapito a marzo 2014 in Libia dai seguaci dell'Isis, e liberato sei mesi dopo, spiega il suo stato d'animo dopo aver appreso del rapimento di due tecnici italiani ieri a sud della Libia, uno dei quali - Danilo Calonego - è bellunese.

«Io spero e prego che li liberino presto, anche perché ogni volta che avviene un rapimento di un nostro connazionale provo un grande dolore.
Io so cosa vuol dire avere un kalashnikov carico puntato in fronte - spiega - E, soprattutto conosco perfettamente la situazione d'ansia e di apprensione che stanno vivendo i loro familiari in questi momenti terribili. E, ogni volta è un grande dolore, ma soprattutto provo tanta rabbia perché bisogna mettere fine a questi rapimenti».


«Purtroppo - spiega il tecnico veneziano - lì in Libia la situazione è difficile, non sai mai di chi ti puoi fidare: anche il tuo stesso autista ti può vendere per pochi soldi ai rapitori». E Salviato con amarezza sottolinea infine che «gli americani e gli inglesi non ci sono più in Libia, mentre di italiani che lavorano lì ce ne sono ancora molti perchè vi sono ancora molte imprese italiane presenti nel paese. L'Italia ha innumerevoli interessi in Libia. E così pur di lavorare si parte anche sapendo di correre molti rischi, perché purtroppo qui in Italia non c'è lavoro».
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