Giuseppe Levi, il banchiere diventato paladino dei poveri

Lunedì 10 Aprile 2023 di Alberto Toso Fei
Giuseppe Levi nel disegno di Matteo Bergamelli

VENEZIA -  A Venezia nacque e visse fin quasi ai suoi vent'anni. Dopodiché le circostanze e la vita lo portarono lontano, e partendo da nulla costruì il suo successo senza dimenticare i più deboli, per i quali si spese fino all'ultimo dei suoi giorni. Giuseppe Levi fu un banchiere e un filantropo, ma nella prima parte della sua vita fu un patriota.

La vita di Giuseppe Levi

Nato a Venezia il 4 luglio 1830 da Emanuele Levi e Elena Pesaro, abitò a Cannaregio al 3466 di San Marziale, a poca distanza dal Ghetto nel quale fino a pochi decenni prima era confinata la sua famiglia, di origine ebraica. Non ancora diciottenne, sostenne la neonata Repubblica di San Marco di Daniele Manin e Niccolò Tommaseo combattendo nel battaglione d'artiglieria "Bandiera e Moro" in difesa di Vicenza e successivamente della città assediata.
Per i meriti conseguiti in battaglia ottenne anche una medaglia, ma con la capitolazione e il ritorno degli austriaci dovette lasciare la città e decise di raggiungere - con molti altri patrioti - Alessandria d'Egitto; quell'anno, il 1849, la comunità italiana arrivò a contare nell'intero paese nordafricano quasi diecimila persone, in prevalenza esuli politici.

Giuseppe Levi vi approdò da fuggiasco, ma non rimase con le mani in mano. E quella che poteva essere la città teatro di una breve permanenza in attesa di tempi migliori si trasformò nel luogo dove Levi trascorse la maggior parte della sua vita: quasi 40 anni.


Ad Alessandria Giuseppe Levi arrivò a diventare direttore della Banca d'Egitto, in quel momento controllata dall'Inghilterra (ma con il diritto esclusivo di emettere moneta) e destinata a divenire più tardi la Banca Nazionale Egiziana. La comunità italiana di Alessandria d'Egitto aveva un suo proprio tribunale, del quale Levi fu nominato giudice consolare. Ricevette dallo stato africano anche l'onorificenza di Commendatore dell'Ordine Imperiale Ottomano di Megidies. Ad Alessandria conobbe e sposò Luisa Levibram, che era nata a Pisa nel 1843, con la quale ebbe i figli Arturo, Giorgio (fu ministro plenipotenziario onorario del Regno d'Italia a Parigi dal 1910 al 1930) e Matilde (che sposò il pittore Vittorio Agostino Castagneto, vincitore di un premio della Biennale di Venezia).
Nel 1890, alcuni anni dopo il bombardamento e l'inizio dell'occupazione inglese di Alessandria, Levi decise di ritornare in Italia (a quel punto definitivamente divenuta stato unitario) e scelse di risiedere a Milano, dove già nel 1879 aveva acquistato delle proprietà. Aveva a quel punto sessant'anni esatti e una vita già vissuta; e dopo aver accudito la moglie Luisa, che morì nel 1899 "dopo lunghissima ed atrocissima malattia", decise di investire il suo tempo, le sue energie e i suoi soldi in favore dei meno abbienti: nel 1904 comprò e regalò una grande casa al Comune di Milano, come "ricovero dei poveri senza tetto senza distinzione di religione". Nel corso della sua vita aveva frequentato e conosciuto cristiani, ebrei e musulmani; per lui non aveva senso fare differenze. Per altri versi era nota la sua amicizia con l'arcivescovo di Milano.
In una lettera inviata il 21 agosto 1904 al Comune, Levi scrisse: "Fortemente impressionato dalle pietosissime condizioni in cui trovansi i "senza tetto" e per assecondare un sentimento del mio animo di fare in vita un'opera pubblica di beneficenza, ho acquistato la casa di via Cicco Simonetta 15 coll'intenzione di offrirla in dono, come offro colla presente, a codesto onor. Municipio". Due anni più tardi si costituì un Comitato promotore di ricoveri notturni che nel 1907 assunse il nome di "Opera Pia commendatore Giuseppe Levi per i ricoveri notturni gratuiti di Milano".
Giuseppe Levi morì a Milano il 19 gennaio 1909, a 78 anni, lasciando un'ulteriore donazione all'Opera Pia, assieme ad altre realtà benefiche (inclusa la Fraterna Misericordia della "sua" Venezia, mai dimenticata) e alla Casa Militare Umberto I per i Veterani di Turate, alla quale fece dono delle onorificenze conquistate sulle barricate veneziane, nel corso della prima guerra di indipendenza. Nel testamento chiese funerali "semplicissimi, come semplicemente ho vissuto: né fiori né partecipazioni particolari". Fu sepolto nel reparto israelitico del Cimitero Monumentale.
 

Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 19:34 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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