Il prefetto dopo il week end di fuoco: «Tra due settimane vedremo l'effetto dei festeggiamenti»

Martedì 13 Luglio 2021 di Nicola Munaro
Festeggiamenti a Venezia per la vittoria dell'Italia agli Europei di calcio

VENEZIA - Alle spalle il fine settimana del G20 dell'Economia all'Arsenale e la notte di festa per l'Italia della pedata che torna sul tetto d'Europa dopo 53 anni. Davanti, un'altra notte, quella Famosissima della città d'acqua con il Redentore di sabato (ne parliamo in un articolo a pagina V). Giorni densi e faticosi vissuti da una Venezia che però, da lì, riparte. Anche se i pochi freni inibitori delle piazze, dopo che le mani di Donnarumma avevano agguantato la coppa d'Europa, qualche preoccupazione la lasciano sul fronte contagi. «Gli effetti di quello che è successo ieri (domenica sera, ndr) li vedremo tra quindici giorni», è la considerazione del prefetto Vittorio Zappalorto, regista di una settimana perfetta sul fronte sicurezza.

Prefetto, partiamo dalla fine: l'Italia vince l'Europeo di calcio e si festeggia come se il virus fosse fantascienza. «I festeggiamenti non si potevano contenere e non possiamo andare casa per casa a vedere il rispetto della mascherina o se si è tra parenti.

Ai sindaci ho raccomandato di non organizzare nulla per non fare assembramenti o di essere in grado di far rispettare le norme in caso di eventi organizzati. A Venezia e Mestre non ci sono stati casi, altre città hanno messo i maxi-schermi. Mi pare che in provincia sostanzialmente i sindaci sono stati attenti. Aspettiamo quindici giorni per l'effetto».

Domenica si chiudeva anche il G20: com'è andata?
«Molto bene perché lo dicono tutti, le delegazioni hanno ringraziato il Governo. Tutti sono stati entusiasti dell'accoglienza e dell'opportunità di godersi Venezia in libertà. Si aspettavano una città blindata e non hanno avuto nulla di tutto questo. Una sfida e un merito che dobbiamo attribuire a noi, alla scelta fatta a gennaio dopo la pandemia di non imporre altre chiusure ed è successo quello che volevamo. Sono contento di un lavoro enorme che non si vede ma che è iniziato per tempo in maniera coordinata. Direi che abbiamo visto un modello per il futuro. E abbiamo dimostrato che a Venezia l'organizzazione sarà anche complicata, ma si può fare qualsiasi cosa».

Il dissenso c'è stato: ogni giorno in città una manifestazione da parte soprattutto del gruppo Extintion Rebellion Italia. Si sono incollati davanti all'Arsenale, hanno insanguinato Calatrava: d'effetto, non trova?
«Non mi aspettavo una manifestazione così pacifica e incisiva allo stesso tempo, una manifestazione che si è segnalata alla gente e all'opinione pubblica perché hanno dato un esempio: se hanno sporcato, hanno pulito. Sono favorevole alla manifestazione del dissenso nella forma della Costituzione. Hanno usato un linguaggio colto, mondialista, europeo che non sempre è facile da cogliere subito. Ma vedere un ragazzo giovane seduto a terra con i cartelli, che non urla, non sporca, non si agita, non dà di matto e sta lì solo per segnalare la sua idea con degli scritti è una forma di manifestazione civile. Una sola nota stonata: il primo giorno in due hanno cercato di entrare all'Arsenale».

Alle Zattere il dissenso si è sublimato in tensione e in uno scontro, senza grossi danni...
«I manifestanti lo cercavano a tutti i costi e lo avevano preventivato: c'erano delegazioni di No tav e No global di altre città, era chiaro succedesse. Noi eravamo pronti. In quel frangente l'abilità e la bravura è stata del questore Maurizio Masciopinto che dopo la prima carica ha bloccato la seconda, una decisione con sangue freddo che ha congelato la situazione. Loro volevano rompere la legalità com'è nella loro anima: le forze dell'ordine sono state brave ed equilibrate nella risposta».

Resta l'impressione che sia stata persa l'occasione dal salto di responsabilità stata offerta con la città aperta...
«Forse non la cercavano nemmeno. Due anni fa c'era stata una manifestazione con 6mila persone contro le grandi navi a Venezia ed era stata un successo per i centri sociali veneziani che avevano come ideale la bandiera della tutela della città: quando ti fai paladino di Venezia, ti vengono dietro tutti. Quando imbracci fucili, abbassi passamontagna, Venezia non ti segue: lì il messaggio che dai è diverso, e si è visto nei numeri di sabato, non c'erano nemmeno mille persone molte delle quali venute persone da fuori per spaccare. Se i centri sociali di Venezia si fossero organizzati da soli puntando su navi, residenzialità e difesa della città avrebbero avuto un successo analogo al 2019».

Il G20 poteva essere un volano per la ripresa, lo è stato?
«Venezia in questi quattro giorni è andata in tutto il mondo con immagini confortanti. Niente blindati, niente corvette della Marina militare: c'erano poliziotti in più per tutelare le delegazioni nel modo migliore possibile. Gli stessi veneziani ci hanno ringraziato, tutto era aperto e tutti hanno lavorato di più. Sono entrati soldi per la città e in quel fine settimana ci sono state punte di 25mila turisti per nulla spaventati dal G20. Fare il summit con la città aperta è stata la scelta vincente».

Ultimo aggiornamento: 14:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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