Vissero in fondo al lago di Cavazzo. Mezzo secolo dopo, l'appello di Tina: «Aiutatemi a trovare quei 13 sub»

L’appello di una 73enne per incontrare i tredici coraggiosi che provarono a sopravvivere dentro il lago di Cavazzo

Martedì 12 Settembre 2023 di Denis De Mauro
Vissero in fondo al lago di Cavazzo. Mezzo secolo dopo, l'appello di Tina: «Aiutatemi a trovare quei 13 sub»

UDINE - A distanza di oltre 50 anni, la 73enne Tina Torret vorrebbe tanto sapere che ne è stato dei 13 coraggiosi che nel 1969 sperimentarono come si potesse sopravvivere in una città sommersa nelle acque del lago di Cavazzo, in provincia di Udine. Un esperimento che aveva il compito di capire se in quel modo si sarebbe potuti scampare all’ecatombe nucleare, siamo nel pieno della guerra fredda, ma Tina allora non lo sapeva: all’epoca aveva 19 anni ed un negozio di parrucchiera appena aperto da mandare avanti.

Ai suoi occhi quei baldi giovani erano un interessante diversivo alla vita di tutti i giorni, un richiamo all’avventura e soprattutto un impegno che si era preso con l’amica Angela, anche lei giovane sacilese, che le aveva chiesto di accompagnarla in quelle visite “Che lei faceva per questioni di cuore”.


IL VIAGGIO AL LAGO
I fine settimana andavano dunque al lago (il più grande tra quelli naturali della nostra regione, diviso tra 3 comuni), coprendo una distanza ragguardevole per quegli anni e per 2 ragazzine meno che ventenni, perchè tra quei pazzi sommozzatori c’era anche il giovane che sarebbe poi diventato il marito di Angela. «Si chiamava Giorgio, era speleologo. Poi in effetti si sposarono: lei era di San Giovanni del Tempio e per un periodo vissero a Sacile, dopo cambiarono città e i rapporti si interruppero quando Angela ci lasciò, purtroppo molto giovane».


LA PAURA
Con la perdita dell’amica si spezza anche l’unico filo di Tina che lega quel ricordo ai suoi protagonisti. Già, il ricordo. Le 2 ragazze sacilesi non lo sapevano ma quell’esperimento denominato Operazione Atlantide (un po’ scontato magari ma azzeccatissimo) era stato voluto dalla politica e dai militari, entrambi intimoriti dall’escalation nucleare e dalla paura della bomba. Difficile capirlo oggi, ma allora fu quasi psicosi, tanto che Atlantide finì su tutti i giornali nel settembre del ‘69 «Andammo al lago dall’inizio del mese fin quasi alla sua fine, sempre accolti dalla decina di operatori che se ne stavano sulle rive del lago a monitorare lo stato dei 13 che invece vivevano a tutti gli effetti sott’acqua. Dalla riva si potevano anche intravedere dentro le loro casette». Cioè in quella che la propaganda di Stato definì “La prima città subacquea del mondo”. In realtà una serie di tubi e abitacoli piuttosto grezzi e che alla lunga avrebbero condotto alla pazzia chiunque. L’intera operazione coinvolse la Marina e l’Esercito, un paio di Università, il neonato gruppo speleo udinese, l’Eni e il Ministero dell’Interno, giusto per citare alcuni dei molti attori. Tra i 13 subacquei c’era una sola donna (anzi, una minorenne considerato che all’epoca la maggiore età scattava a 21 anni) e per tutti fu coniato l’innovativo termine di acquanauti.


IL COLLEGAMENTO AUDIO
«Quei poveri ragazzi non vedevano praticamente nessuno: io ci andavo per tener loro compagnia, per parlarci. I tecnici avevano allestito un collegamento video e audio». L’esperimento ebbe vasta eco ma, come capita spesso, finì presto nel dimenticatoio, forse per non aver dato i risultati sperati. Probabilmente pensare di trasferire l’umanità sott’acqua perennemente per scampare alle radiazioni di un’eventuale guerra nucleare fu idea disperata e affascinante che si rivelò molto presto irrealizzabile. Vi fu una “seconda puntata” dell’esperimento nel ‘71, poi più nulla, anche se pare che sul fondo del lago quelle costruzioni siano ancora presenti. «Chissà cosa fanno oggi quei ragazzi di allora, mi ricordo che venivano da Udine, da Trieste. Alcuni erano molto giovani. Con uno della base che si trovava in superficie, mi pare si chiamasse Mario, feci più amicizia che con gli altri» Tina lancia il suo appello: «Se leggete queste righe, fatevi vivi, anche magari solo per rivedersi una volta o ricordare quell’originale esperimento». 

Ultimo aggiornamento: 14 Settembre, 14:40 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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