Treviso. La trattoria Oca Bianca compie 103 anni: «Qui comanda la tradizione»

Martedì 16 Aprile 2024 di Elena Filini
Federica Mattiazzo, al centro, titolare della trattoria Oca Bianca con il bicchiere commemorativo donato da Confcommercio

TREVISO - Gli anni per la precisione sono 103. E' da oltre un secolo che l'insegna dell'Oca Bianca si erge sul portone di vicolo della Torre, laterale di Calmaggiore. In principio fu il signor Emilio, anno 1921. Poi nel 1945 Nerina entra in cucina e i ruoli si invertono: Emilio, diventato nel frattempo suo marito, si occupa della sala.

Ed è quando Nerina nel 1999 inizia a stare male che il nipote Luigi viene richiamato in città da un'esperienza all'estero.

LA STORIA

«Nerina - spiega Federica Mattiazzo, attuale socia di Luigi - ha lasciato a noi il locale con la promessa che rimanesse ciò che era sempre stato: un tempio della tradizione». Federica e Luigi accettano e così inizia una nuova era. In quegli anni coppia, oggi ognuno con la propria vita, sono rimasti soci e gestiscono insieme il locale. Luigi (Gigi) Chiarelli è in cucina e Federica in sala. «Abbiamo fatto una promessa a Nerina - conferma Federica - ci ha chiesto di non stravolgere il locale e di continuare nella tipicità. Ma oggi dobbiamo fare i conti con i tempi moderni e con il problema più grande: le intolleranze alimentari».

I piatti fortI restano i bigoli in salsa, il radicchio e fagioli, le sarde in saor e il baccalà, i bigoli con il sugo d'anguilla e in stagione il bollito misto. «Il cliente straniero è molto intrigato dai sapori locali, è perfettamente in grado di sperimentare - continua Federica - le richieste di modernità a cui ci siamo dovuti adeguare riguardano il glutine. In piatti come la pasta e fagioli è difficile avere la variante. Non si tratta di un piatto espresso. Però ci stiamo attrezzando anche su questo».

I GUSTI

Ma i gusti, anche per la tradizione, inesorabilmente cambiano. «All'inizio, nel 1999, i nervetti andavano alla grande. Di lì a qualche anno abbiamo dovuto toglierli dal menù perchè non andavano incontro al giusto del cliente. Quando c'era Nerina a tavola avevamo i bisnonni di chi si affaccia oggi al locale. Ma c'è stata una rottura, un certo tipo di gusti non ha subito passaggio generazionale». Gli interni del locale quelli sì sono rimasti gli stessi fatta eccezione per la cucina a vista che era meravigliosa. «E' stata una scelta imposta dai protocolli sanitari. Abbiamo dovuto portarla nel retro. È stata la cosa più vistosa e un grande dispiacere. Soprattutto perché i clienti, affezionatissimi alla cucina a vista immancabilmente chiedevano: ma siamo ancora all'Oca Bianca?». Dentro quelle mura ancora oggi si respira la tradizione. E un pizzico di (non verificata) leggenda. Il nome infatti, sembra nato dal fatto che i primi osti fossero senesi, provenienti proprio dalla contrada dell'Oca. Con un bicchiere artistico realizzato da Marco Varisco, Confcommercio ha voluto celebrare la storicità del locale. 

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