PORDENONE - La truffa? È vero che le forniture di caffè ordinate e pagate in contanti dalla gestrice del bar "Via Vai" non sono mai state consegnate, ma da parte di Michele Mazzilli, 31enne di Fiume Veneto, non vi era alcuna intenzione di raggirare l'esercente.
Il fatto
La vicenda risale a inizio 2021. Mazzilli trova lavoro come rappresentante di caffè e si occupa degli ordini in alcuni locali pubblici di Pordenone e provincia. Il capo area avverte anche la titolare del bar "Via Vai" che sarà contattata da un nuovo rappresentante. La prima consegna - merce per 58 euro - va a buon fine. La seconda - 280 euro - non verrà mai recapitata. L'esercente comincia a telefonare a Mazzilli ma non riceve risposta. Era sparito. Comincia a fare delle verifiche e scopre che ha dei precedenti per truffa. A quel punto scatta la denuncia, anche perché la donna è convinta che si chiamasse Michele Campagna, come riportato nella fattura.
Ieri è stato lo stesso Mazzilli a spiegare l'inghippo del nome: «In quel periodo avevo deciso, assieme ai miei fratelli, di prendere il cognome di mia madre. Avevo già fatto richiesta all'Anagrafe, ma poi non ho completato l'iter». La difesa ha anche specificato che la merce rimasta invenduta dopo l'esecuzione dell'ordine di carcerazione è stata restituita dalla madre di Mazzilli al capoarea e che probabilmente c'era anche il quantitativo destinato al bar pordenonese.
La Procura aveva aggravato la truffa dal fatto che era stata commessa in un periodo in cui l'imputato era stato ammesso a una misura alternativa al carcere.