PORDENONE - Avrebbe pianificato tutto. Quella di Trifone e Teresa doveva sembrare un'esecuzione rapida e spietata, degna di un killer di grande spessore criminale. Ma Giosuè Ruotolo con i criminali non ha mai avuto niente a che fare e, secondo quanto accertato dagli inquirenti, sarebbe cascato sugli elementi più banali, come le telecamere di sorveglianza del Comune di Pordenone o gli accertamenti telefonici. O su alcune incongruenze lampanti: era nel parcheggio all’ora del delitto ed è l’unico a non aver sentito gli spari; la sua auto era parcheggiata a pochi metri da quella delle vittime e non ha visto il killer. Il suo alibi comincia a vacillare nell'istante in cui l'Audi A3 grigia lascia le sue tracce lungo una delle vie di fuga prese in considerazione dagli investigatori dell’Arma: via Interna. È un alibi che Ruotolo sfoggia già la sera stessa del delitto, quando convocato dai carabinieri, come tutti gli altri commilitoni di Trifone Ragone, dirà che quella sera non è uscito di casa. E tirando in ballo i due coinquilini riferisce: «Siamo rimasti a casa tutto il pomeriggio. Ricordo che Daniele (Renna, ndr) giocava alla play station, mentre io e Sergio (Romano, ndr) abbiamo giocato a League of Legends, un gioco on line»...
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