Luca Claudio, l'ex imperatore delle Terme. Nuova vita, nuovo lavoro e un annuncio: «Ora sono pronto a tornare»

La terza vita dell'uomo che è stato sindaco per 15 anni tra Abano e Montegrotto prima di essere arrestato, principale imputato nella Tangentopoli delle Terme

Venerdì 22 Marzo 2024 di Gabriele Pipia
Luca Claudio nel suo nuovo lavoro

TERME EUGANEE (PADOVA) - «Il mio cognome ha radici nell'antica Roma. Per me l’approccio alla politica è sempre stato panem et circenses, nutrire e far divertire la gente. Ho sempre agito così, per il bene della polis». Nei suoi anni d'oro da imperatore delle Terme eravamo abituati a vederlo in municipio ma soprattutto in strada, tra la gente, camicia aperta e sguardo tronfio. Lo avevamo lasciato un anno e mezzo fa in un'aula del tribunale di Padova, chiamato a difendersi dall’ennesima accusa. Lo ritroviamo ora in una mattina di marzo nel suo nuovo ufficio di Saccolongo, ai piedi dei Colli Euganei, dipendente di una ditta che si occupa di recupero metalli. 


Dopo l'ascesa politica e la caduta giudiziaria ecco svelata la terza vita di Luca Claudio, sindaco per 15 anni tra Abano e Montegrotto prima di essere arrestato, principale imputato nella Tangentopoli delle Terme
Sfoggia l'arte oratoria dei tempi migliori, capelli sempre lunghi e tatuaggi in bella mostra: «Non so nemmeno più quanti ne ho, tra gli ultimi ci sono tre stelle dedicate ai miei figli che mi hanno dato la forza durante il carcere». 


All’alba del 23 giugno 2016 veniva arrestato dalla guardia di finanza con le accuse di concussione e induzione indebita a dare e promettere utilità, legate agli appalti sul verde pubblico. Quasi otto anni dopo chi è Luca Claudio?
«Ho chiuso praticamente tutta la vicenda giudiziaria, restano solo dei piccoli strascichi.

Vivo sempre a Montegrotto ma ho voltato pagina, sono una persona molto cambiata. Non sono nemmeno sui social, che considero uno dei mali della società. Faccio sempre fatica ad avere mediazioni finte, ma non ho più la presunzione di fare tutto quello che volevo. Ho capito la lezione».


Di cosa si occupa? 
«Lavoro da dipendente in un’azienda nel campo ambientale: devo ringraziare il titolare, il mio amico Marcello, che quando ho potuto ripartire non ha esitato a darmi questa opportunità. Faccio anche il consulente per altre aziende, occupandomi prevalentemente di amministrazione e pubbliche relazioni. Spazio dal turismo alla meccanica. E devo ringraziare anche Tiziana, la prima persona che mi aveva permesso di tornare a lavorare dopo il carcere nella sua cooperativa».


Cosa non rifarebbe tornando indietro?
«Eviterei di lottare contro tutto e tutti. Io non mi ritengo arrogante ma ho capito che apparivo come tale per il mio carattere poco incline alle mediazioni. Preferivo rifiutare gli inviti agli eventi istituzionali con la noblesse padovana per stare con la mia gente a mangiare pane e salame, invece dovevo capire che anche la forma è importante. Forse sarebbe stato meglio rispettare le regole della politica evitando di essere odiato da tante persone di quel mondo».


Si riconosce altri errori?
«Ho dato troppa fiducia alle persone. Io lavoravo 20 ore al giorno ma non controllavo chi lavorava con me. Intervenivo solo quando vedevo che le cose si fermavano, quando una strada avrebbe dovuto essere asfaltata ma i lavori andavano a rilento. Per il resto non ho mai vigilato e questo l’ho pagato».


Corruzione, concussione, tentata appropriazione indebita. Le sono stati contestati reati molto gravi.
«Ho fatto l’errore di voler gestire la macchina comunale come un’azienda, senza rispettare i tempi della burocrazia. Faccio un esempio: “C’è da dare una tinta alle scuole, chiamo Toni che ha bisogno di lavorare. Prima facciamo il lavoro e poi sistemiamo le carte”. Io ero così. La gente mi amava, ma non potevo stare nel sistema».


Tra i suoi errori non cita mai le tangenti. Eppure si è fatto un lungo periodo di detenzione tra carcere e arresti domiciliari…
«Non sono né una vittima né un martire, so di aver fatto degli errori ma ribadisco di non aver mai chiesto alcuna tangente. Oggi il mio essere cambiato sta proprio nel trattenermi senza dire tutto quello che penso». 


Ma si è pentito di quel modo di gestire il Comune?
«Faccio un altro esempio. Ho gli operai che stanno asfaltando la strada. Io dico al titolare della ditta: “Devo organizzare un pranzo per gli anziani del paese, lo offri tu?”. Ecco, questa è una tangente? Per il mio modo di essere no, per la legge sì. Qui ho sbagliato. Ma non voglio parlarne più, è un capitolo chiuso e guardo avanti».


Cosa ricorda della mattina dell’arresto, quattro giorni dopo aver rivinto le elezioni ad Abano?
Il primo pensiero fu “Chiarirò tutto, entro sera sarò a casa”. Invece fu durissima. Il carcere segna, è giusto ma segna. E’ un non luogo, se non sei abituato è un massacro. All’inizio faticavo a stare in piedi. Non scorderò mai il rumore delle inferriate che sbattono quando la cella si chiude. E il destino vuole che oggi io lavori proprio nel campo dei metalli. Quel rumore lo sento di continuo».


Si è sempre dichiarato innocente però ha patteggiato tre anni e undici mesi.
«Il patteggiamento non appartiene al mio carattere ma è stata la scelta migliore e la via più breve per tentare di rivedere i miei figli».


Ha dovuto spiegare loro cos'era successo...
«Ho una ragazza e due ragazzi. Sono stati la mia angoscia e la mia disperazione ma anche la mia forza e la mia salvezza. Senza figli, genitori e fratelli non so cosa avrei fatto».


Le manca la politica?
«A 30 anni sono stato il primo sindaco di Alleanza Nazionale ma poi ho sempre governato da solo, spesso tenendo tutti all’opposizione. Non mi mancano i partiti con i loro giochi, io non li ho mai cercati e loro non mi hanno mai voluto. Mi manca essere utile alla comunità, fare il massimo per la gente. Ad un certo punto c’era l’ipotesi che io andassi in Regione, ne avevo parlato con diversi esponenti del centrodestra. Sarei stato disposto ad andare se mi avessero dato carta bianca sul turismo. Sono fatto così: non mi interessano poltrone, ma se c’è un bel progetto io ci sono».


Nel suo nuovo ufficio sono appese le foto di Mussolini...
«Sono vecchi regali. Non mi ritengo un fascista anche perché sono sempre stato contro le guerre, ma di quel periodo apprezzo l’architettura e la gestione del sociale».


Come vede le Terme da semplice cittadino dopo 15 anni da sindaco?
«Strade, palestre, sottopassi: ci sono tantissime cose fatte da me che nessuno potrà mai cancellare. Ora mi intristisce vedere paesi spenti e trascurati, serrande chiuse, alberghi tinti di grigio. Se le cose non cambiano le Terme rischiano di morire. Abano e Montegrotto rappresentano il più grande bacino termale in Europa. Io, pur mantenendo le due distinte identità, farei un municipio unico così sarebbe più facile intercettare i fondi. In passato ero contrario alla fusione, ma bisogna adeguarsi ai tempi che cambiano». 


Parla come un giocatore che scalpita per tornare in campo…
«Purtroppo o per fortuna tante persone me lo chiedono sempre più insistentemente, anche quando cammino per strada. Tutti ricordano i lavori, le opere e le altre grandi feste come le Notti Rosa con le Terme piene di gente e di vita». 


Ci sta pensando seriamente?
«Come dice sempre una persona a me molto vicina... “A volte ritornano". Sto facendo delle riflessioni con la mia famiglia. Enzo Tortora tornò chiedendo “Dove eravamo rimasti?”. Ecco, tornare significherebbe chiudere un cerchio interrotto».

Ultimo aggiornamento: 17:32 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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