Anche oggi è arrivato a sorpresa un annuncio in diretta che ha fatto sussultare gli ospiti in una delle sale del palazzo apostolico.
Gli ospiti che stamattina erano in Vaticano facevano parte di una nutrita delegazione proveniente da diversi atenei cattolici. Nei giorni scorsi Francesco affrontando il tema del numero troppo alto di università pontificie ha avanzato l'ipotesi di un accorpamento in modo da razionalizzare le risorse, contenere i costi e offrire maggiori sicurezza agli studenti (che in tanti atenei sono in calo). La sua uscita però sembra non sia stata molto apprezzata da tanti ordini religiosi ai quali fanno capo decine di atenei.
Francesco stamattina ha ringraziato tutti per essere arrivati in Vaticano e per il «bene che fanno le università, le nostre università cattoliche: seminare la scienza, la Parola di Dio e l’umanesimo vero. Vi ringrazio tanto. E non stancatevi di andare avanti: avanti sempre, con la missione tanto bella delle università cattoliche. Non è la confessionalità che dà loro identità: è un aspetto, ma non l’unico; è forse quell’umanesimo chiaro, quell’umanesimo che fa capire che l’uomo ha dei valori e che vanno rispettati: questa è forse la cosa più bella e più grande delle vostre università. Grazie tante».
Quest'anno si celebra il centenario della Federazione Internazionale delle Università Cattoliche (F.I.U.C.). Fu Pio XI a benedire la prima associazione composta da diciotto atenei nel 1924. «Da queste “radici” emergono due aspetti che vorrei evidenziare - ha detto Francesco - il primo è l’esortazione a lavorare in rete. Oggi esistono nel mondo quasi duemila Università Cattoliche. Immaginiamo le potenzialità che potrebbe sviluppare una collaborazione più efficace e più operativa, rafforzando il sistema universitario cattolico. In un tempo di grande frammentazione, dobbiamo avere l’audacia di andare controcorrente, globalizzando la speranza, l’unità e la concordia, al posto dell’indifferenza, delle polarizzazioni e dei conflitti».
Il Papa ha citato poi Hannah Arendt e Franz Kafka per chiedere agli atenei di non chiudersi «dietro dei muri, in una bolla sociale sicura, evitando i rischi o le sfide culturali, voltando le spalle alla complessità della realtà può sembrare la strada più affidabili (...) Aiutateci semmai a tradurre culturalmente, in un linguaggio aperto alle nuove generazioni e ai nuovi tempi, la ricchezza dell’ispirazione cristiana; a identificare le nuove frontiere del pensiero, della scienza e della tecnologia e ad abitarle con equilibrio e saggezza. Aiutateci a costruire alleanze intergenerazionali e interculturali nella cura della casa comune, in una visione di ecologia integrale, che dia un’effettiva risposta al grido della terra e al grido dei poveri».