Gaza, Tensione Vaticano-Israele: «Offensiva sproporzionata». Lo sdegno di Tel Aviv dopo l’affondo di Parolin

Ma la Santa Sede insiste: «Il diritto alla difesa non giustifica la carneficina»

Giovedì 15 Febbraio 2024 di Franca Giansoldati e Marco Ventura
Gaza, Tensione Vaticano-Israele: «Offensiva sproporzionata». Lo sdegno di Tel Aviv dopo l’affondo di Parolin

«Deplorevole». È pesante l’aggettivo scelto dall’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, Raphael Schultz, per stigmatizzare lo “sdegno” espresso dal cardinale Segretario di Stato, Pietro Parolin, per le 30mila vittime di Gaza.

Una “sproporzione” rispetto al diritto all’autodifesa di Israele. Ma la durezza di quell’aggettivo nasce da dissapori che sono cresciuti col progredire del conflitto, per esempio quando Papa Francesco ha deciso di bilanciare l’incontro con i familiari degli ostaggi ricevendo i parenti di detenuti palestinesi nelle carceri israeliane. Per non parlare dei continui inviti a fermare la guerra, per quanto accompagnati dagli appelli a rilasciare gli ostaggi. 

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Dal massacro del 7 ottobre a oggi i rapporti tra Israele e Vaticano non sono mai stati così tesi come ora, e difficili. Le incomprensioni sulle cause della guerra a Gaza sono state un crescendo. Ciò che in quattro mesi è stato sottolineato a più riprese da rabbini, comunità ebraiche e diplomatici israeliani è come al di là del Tevere nessuno, nemmeno il Pontefice, abbia mai citato Hamas esplicitamente, condannandone la radice antisemita che non solo nega l’esistenza dello Stato israeliano, ma persegue l’obiettivo di sterminare gli ebrei. 


CRISI
L’ultimo atto della crisi si è consumato con quel giudizio espresso dal Segretario di Stato. «Siamo tutti sdegnati per quello che sta succedendo, per questa carneficina», aveva detto Parolin. La reazione dell’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede è arrivata puntuale, come sempre, con una lunga nota postata su X. Schultz motiva l’aggettivo «deplorevole» argomentando che «non si può giudicare la legittimità di una guerra senza tenere conto di tutte le circostanze e dei dati rilevanti, perché ciò porta inevitabilmente a conclusioni errate». Tanto per cominciare, non può bastare la condanna del «massacro genocida» del 7 ottobre, come ha fatto il cardinale Parolin, per poi «puntare il dito contro Israele riferendosi al suo diritto a esistere e all’autodifesa come un semplice atto dovuto e non considerare il quadro generale». L’ambasciatore ha poi ricordato che Gaza è stata trasformata da Hamas, già dal 2005, nella «più grande base terroristica mai vista». E ha rimarcato il fatto che praticamente tutte le infrastrutture civili, tra cui scuole ospedali e moschee, sono state usate dai terroristi per i loro piani criminali. 


Non solo. Ha aggiunto che gran parte della popolazione ha «attivamente sostenuto» i miliziani e molti giovani hanno partecipato, anche loro «attivamente, all’invasione nel territorio israeliano uccidendo, violentando e prendendo civili in ostaggio. Questi atti sono definiti crimini di guerra – ha precisato - in netto contrasto con le operazioni dell’esercito israeliano, che si svolgono nel pieno rispetto del diritto internazionale». Il rapporto tra civili uccisi e terroristi sarebbe basso (3 a 1) rispetto alle operazioni portate avanti in passato dalla Nato in teatri come Siria, Iraq e Afghanistan. «La proporzione là era di 9 o 10 civili per ogni terrorista». La conclusione è che «la responsabilità della distruzione di Gaza è di Hamas e solo di Hamas. Questo viene dimenticato troppo spesso e troppo facilmente». A difesa del cardinale Parolin e della linea prudente del Papa, si è fatto sentire l’Osservatore Romano. «Nessuno può definire quanto sta accadendo nella Striscia un danno collaterale della lotta al terrorismo. Il diritto alla difesa, il diritto di Israele di assicurare alla giustizia i responsabili del massacro di ottobre, non può giustificare questa carneficina». Ed è intervenuto Pier Ferdinando Casini: «Che l’ambasciata d’Israele ritenga deplorevoli le dichiarazioni del segretario di Stato è francamente un po’ eccessivo. È bello coltivare la libertà di parola e di opinione, come ci dimostra la stessa esperienza democratica dello Stato di Israele. Il pensiero unico è quasi sempre un pensiero debole». 


GOLDA MEIR
Ogni giorno Papa Francesco telefona all’unica parrocchia esistente a Gaza. Proprio dove, due mesi fa, erano state uccise da un cecchino due donne che uscivano dalla struttura. Un episodio che aveva sconvolto la comunità cattolica in Terra Santa e anche il Papa che durante un Angelus disse chiaro e tondo che «uccidere civili nella parrocchia è fare del terrorismo». Ma la ruggine è antica. Golda Meir stessa raccontò una volta che incontrando Paolo VI percepiva di trovarsi «di fronte al Capo della Chiesa, all’uomo della Croce, e sotto quel simbolo sono stati uccisi ebrei in tutte le generazioni. Non potevo fare a meno di provare questo sentimento, era dentro di me».
 

Ultimo aggiornamento: 14:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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