Dolcetta contro Squinzi: «Divide
Confidustria, le regole si rispettano»

Venerdì 5 Febbraio 2016 di Maurizio Crema
Stefano Dolcetta
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La riforma dei contratti proposta dai sindacati è da bocciare e il consiglio generale di Confindustria l’ha già fatto. Peccato che il presidente Giorgio Squinzi non abbia ancora reso pubblica questa posizione. A questo punto Confindustria rischia l’ennesima diaspora e l’elezione del prossimo presidente sarà decisiva per decidere le sorti dell’organizzazione delle imprese italiane. Lo afferma Stefano Dolcetta, 66 anni, vice presidente nazionale dell’associazione con la pesante delega delle relazioni industriali, Ad e grande azionista di Fiamm, nonché presidente di Popolare Vicenza. Che con questa intervista al Gazzettino scende in campo, punta il dito contro Squinzi e appoggia la candidatura di Fabio Storti, presidente di Federmeccanica.
Sui nuovi contratti ci si gioca il futuro di Confindustria e dell’industria italiana. Ma l’organizzazione è divisa. Cosa pensa della proposta di riforma presentata dai sindacati?
«L’ultimo consiglio generale di Confindustria di fine gennaio l’ha bocciata a grande maggioranza. Ma la lettera ai sindacati mi risulta che non sia mai partita. E questo non va bene. Le decisioni devono essere rispettate. Il presidente Squinzi ci deve spiegare perché l'ha bloccata».
Con Squinzi si è già scontrato a fine anno sul rinnovo del contratto dei chimici.
«Non entro nel merito se il contratto dei chimici sia buono, nella mia azienda non l'applicherei mai. Io contesto il metodo, bisogna rispettare le regole. Questo atteggiamento è pericoloso per Confindustria, crea divisioni, il ruolo del presidente è quello di gestire nel rispetto delle regole che ci siamo dati».
Pronto alle dimissioni?
«Tra un paio di mesi chiudo il mio mandato, non ha senso dare le dimissioni oggi. La verità è che queste divisioni rischiano di far fuggire altre imprese come è già successo con la Fiat».
Prevede forse altri casi Marchionne?
«È un rischio che esiste. Una Confindustria divisa è più debole. Auspico che la Fiat torni, bisogna lavorare per creare i presupposti per questo. Dobbiamo ammetterlo: Fiat è stata innovativa sui contratti, ha avuto ragione, Confindustria non può rinunciare a un'esperienza di questo tipo. E il nuovo contratto va in questa direzione. Questo è un momento fondamentale per spingere sulla produttività, dare gli aumenti sulla ricchezza creata e non in base all'inflazione. Dobbiamo avere il coraggio di affrontare un tema difficile ma fondamentale per il nostro futuro, far tornare la meritocrazia in fabbrica. Ce lo chiedono anche i giovani. Chi lavora bene dovrà essere premiato, bisogna lottare per questa impostazione, anche se può costarci qualcosa».
Cosa vi aspettate dal governo?
«Confindustria e sindacati dovrebbero risolversi i problemi tra di loro, se dovesse intervenire il governo vuol dire che abbiamo fallito la nostra missione. Il mio auspicio è che si possa arrivare a una proposta condivisa anche dopo una fase di conflittualità».
Confindustria deve sposare la proposta di Feder- meccanica?
«Federmeccanica sta portando avanti con fatica una proposta innovativa che è un grosso passo per il nostro settore e potrebbe esserlo anche per tutti gli altri».
Lei è anche vice presidente nazionale di Confindustria. Qual è il suo candidato per il dopo Squinzi?
«Il bolognese Alberto Vacchi è un imprenditore straordinario, che ha una grande azienda, ma sui contratti non si è ancora esposto. Vincenzo Boccia è molto preparato, è un candidato autorevole. Ma io vedo come presidente Fabio Storchi: ha avuto un’esperienza specifica come presidente di Federmeccanica che potrebbe essere utile in questa fase. Mi auguro che si candidi. In ogni caso bisognerà giudicare dai programmi».
Il Veneto è ancora una volta diviso?
«Speriamo che il Veneto e il Nordest siano d'accordo con la linea del rinnovo dei contratti proposta da Federmeccanica. Ma io sono solo un imprenditore, il lavoro di raccordo lo deve fare Roberto Zuccato. Il punto cruciale non è questo o quel nome, ma come cambiare Confindustria a Roma: va bene il lavoro di lobby, ma Confindustria deve diventare veramente un’associazione per le imprese, più mirata a favorire le imprese che puntano su operatività, formazione, ricerca e sviluppo. Il Nordest deve dare un sostegno a chi sarà in grado di raggiungere questo obiettivo, che sia veneto, campano, emiliano è meno importante. Il Nordest deve contare a Roma non per chiedere una poltrona da vice presidente ma per attuare un vero cambiamento».
E l’obiettivo della "sua" Fiamm?
«Il 2015 è stato positivo con un fatturato di 620 milioni, in crescita del 6%. E gennaio è andato meglio dello stesso mese dell’anno scorso. Il mercato positivo dell’auto ci ha trascinato, ma non possiamo cullarci sugli allori: viviamo in un mondo complesso, dove è difficile fare previsioni. Per fortuna negli ultimi sette anni abbiamo investito moltissimo, 200 milioni, in tecnologia e innovazione. In futuro pensiamo di costituire una società differente per ogni nostro settore di attività e cercare partner industriali che permettano alle imprese di svilupparsi anche se la famiglia dovesse diluirsi»
Lei è anche presidente di Pop Vicenza: a che punto è il processo di quotazione?
«È un passaggio ineluttabile. Anche la banca in futuro avrà bisogno di alleanze, ma bisogna arrivarci in condizioni che ci permettano di trattare alla pari, come stanno facendo Banco e Bpm».
E Veneto Banca?
«Staremo a vedere».
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