Chiara Pavan
CHIARA LETTERA di
Chiara Pavan

Barbie e Tom Cruise, la sfida dei corpi

Martedì 1 Agosto 2023 di Chiara Pavan
Margot Robbie e Ryan Gosling in "Barbie"

Il corpo di Barbie contro quello di Tom Cruise. Corpo di bambola contro corpo d’attore. La bellezza “rosa” di Margot Robbie contro l’action più spericolato e “impossibile” dell’invincibile Ethan Hunt. E chi l’avrebbe mai detto? “Barbie” confetto, che vive ogni giorno come il migliore di tutti fino a quando i piedini a punta scendono a terra e appaiono “pensieri di morte” e i primi segni di cellulite, batte alla grande la super-spia che si spinge sempre oltre, pronta ogni volta a salvare il mondo da nuove e letali minacce.

LA SFIDA

“Barbie” della regista Greta Gerwig strapazza infatti “Mission Impossibile – Dead Reckoning” e vince al box office facendo storia: è il film diretto da una donna più visto di sempre al suo debutto, capace di superare negli Usa, nel primo weekend di apertura, tutti i kolossal Marvel. Una vera “Barbie Mania” anche in Italia, dove il film continua a dominare la classifica superando, alla data del 31 luglio, i 19 milioni, cosa mai vista per un film distribuito a fine luglio, inseguita da “Mission: Impossible” (circa 4 milioni). Una questione di corpi, in fondo. Quello di Cruise, che negli ultimi 20 anni ha costruito attorno a sè l’aura dell’eroe del cinema vecchio stampo, simbolo di un mondo che vuole resiste al nuovo che avanza. E quello della bambola bionda, bianca, dalle misure perfette e con tanti “accessori” da possedere, compreso il biondo Ken, costretta suo malgrado a “decostruire” il proprio corpo per provare a raccontare una storia che ci tocca più da vicino, riflettendo non soltanto su femminilità, potere, rapporto tra i sessi e stereotipi di genere, ma anche sui meccanismi del consumo, mai come oggi specchio di ciò che siamo.

“IMPOSSIBILE” TOM

Nella giostra narrativa di “Mission Impossibile” la riflessione resta ancorata al tema della verità: ma tutto adesso si confonde, c’è un’imprendibile e invisibile Intelligenza Artificiale che minaccia il mondo, nascondendosi ovunque e in nessun luogo, capace di impossessarsi di dati, di infiltrarsi in ogni database, manipolando le informazioni e la verità. L’unico modo per fermarla è provare a cambiare le regole del gioco, “tornando” cioè all’analogico, alla carta. Al “corpo” allora. Cruise lo incarna alla perfezione. A partire proprio dagli stunt fatti in prima persona con scarso uso del digitale - e il vertiginoso salto con la moto di questo “Dead Reckoning”, per quando spoilerato da migliaia di video diffusi mesi prima dell’uscita del film, è davvero incredibile - e poi il grande supporto della star per i film in sala, la resistenza alle piattaforme a sostegno di un’idea di cinema, di distribuzione, e di fruizione che resiste al tempo. Tom, con i suoi 61 anni appena compiuti e il fisico sempre asciutto e scattante da far invidia a coetanei appesantiti (come l’ex gladiatore Russell Crowe, di due anni più giovane), ci tiene a mantenere l’immagine di attore atletico e acrobatico. Il suo corpo diventa il centro dell’azione e della messinscena: dopo tutto, come ribadisce con orgoglio, la star non usa controfigure. Nella saga di “Mission Impossibile” Cruise ha sempre superato se stesso, misurandosi con un freeclimbing estremo per John Woo (Mission 2), arrampicandosi sulla torre di Burj Khalifa (“Protocollo fantasma”), trattenendo il fiato sott’acqua per sei minuti o reggendosi a un Airbus in volo a più di 1500 metri d’altezza (“Rogue Nation”). In “Dead Reckong” corre come se avesse 20 anni, salta, guida la 500 gialla nei vicoli di Roma, combatte sul tetto di un treno in corsa proprio come nel primo capitolo dalla saga, quello diretto da De Palma nel 1996. Per il critico Gianni Canova, «un atto di fede nella resistenza dell’eroe. Un’offerta sacrificale del proprio corpo come argine alla smaterializzazione del mondo».

BARBIELAND

Nel mondo rosa confetto di Barbie, dove le “ragazze” possono essere tutto ciò che vogliono circondate da Ken puramente accessori che dipendono in tutto e per tutto da chi li guarda, la verità è una questione di presa di coscienza. Che pure una bambola può avere. Marchio dei marchi, prodotto dei prodotti, sistema di costruzione di tutti gli immaginari femminili possibili, Barbie regala una parabola femminista che, pur sgonfiandosi dopo un incipit fulminante (omaggio a “Odissea nello spazio” con le bambine che distruggono le loro bambole “da accudire” per abbracciare la seducente pin up in costume), rivela quanto la parità sia ancora lontana. Ma lo si scopre non tanto grazie alla splendida “Barbie Stereotipata” di Margot Robbins che scappa dal suo universo color pastello (splendide scenografie e fotografia) per diventare “umana”, quanto seguendo l’evoluzione del magnifico Ken-Ryan Gosling con pelliccia, pattini gialli e pettorali in vista, capace di accogliere nel suo sguardo di semplice “accessorio” la grande verità del femminile: «Sono un uomo senza potere: questo fa di me una donna?». Ecco allora che i corpi “bamboleschi” di Barbie e Ken, dichiaratamente fasulli nel loro status di oggetto di consumo, spazzano via il corpo reale e “impossibile” di Cruise che resiste con il gesto “estremo” alla falsificazione continua del cinema. Forse perché “Mission impossibile” non può che esistere in un mondo al di fuori di ogni realtà. Mentre "Barbie" vive e "combatte" ancora accanto a noi.

Ultimo aggiornamento: 02-08-2023 14:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA