Chiara Pavan
CHIARA LETTERA di
Chiara Pavan

Nel mondo di Tim Burton: le favole "mostruose" che ci raccontano da vicino

Martedì 21 Novembre 2023 di Chiara Pavan
La mostra a Torino di Tim Burton (foto Guermani)

L’immaginario fantastico dei suoi film ci accompagna da anni: ci sono le mani affilate di “Edward Mani di forbice”, gli occhioni sognanti della Sposa Cadavere, la sagoma “scheletrica” di Jack Skeletron del “Nightmare before Christman”, lo Sparkie di Frankenweenie, gli alieni feroci di “Mars Attacks!”. E poi Dumbo, lo stravagante Willy Wonka, la regina Rossa di Alice nel paese delle meraviglie, lo spiritello dispettoso Beetlejuice, il malinconico Ed Wood, lo stesso “oscuro” Batman e l’ultima “creatura” di grande successo, la  folgorante Mercoledì. “Il mondo di Tim Burton” è ben più di un viaggio nella mente di un genio creativo: la mostra itinerante che dal 2014 gira il mondo e che prima dell’arrivo in Italia, alla Mole Antonelliana di Torino dallo scorso ottobre, ha toccato Praga, Tokyo, Osaka, San Paolo, Shanghai e Mexico City, racconta in modo creativo e divertente la vastissima produzione di un artista in “servizio perenne”. Un vero e proprio “bulimico” che mai si ferma, che disegna ovunque, anche sui tovaglioli dei ristoranti, sui fazzolettini di carta al bar o sui sottobicchieri, sui block notes degli hotel. Dove capita, e quando capita. 

IL LUOGO
La Mole di Torino, che ospita la mostra fino al 7 aprile, rappresenta il luogo perfetto per “sentire” da vicino la potenza creativa di questo regista nato nel 1958 a Burbank, in California, città «che non brillava per la sua cultura museale – confessa lo stesso Burton nelle note all’esposizione – Non ho mai visitato un museo fino all’adolescenza, invece occupavo il mio tempo guardando film di mostri, disegnando qualsiasi cosa mi venisse in mente o giocando nel cimitero locale». Per accedere al suo mondo bisogna entrare nella bocca di una mostruosa creatura spalancata nel buio e “precipitare” nel paese delle Meraviglie burtoniana. Un viaggio che inizia nell’Aula del Tempio, al pianoterra del museo del cinema, e prosegue sulla rampa elicoidale e al piano di accoglienza della Mole: suddivisa in 9 sezioni tematiche, l’esposizione sfrutta il verticalismo antonelliano per trasportare i visitatori in un mondo-altro attraverso 500 opere originali, raramente o mai viste prima. 
 

COSA VEDERE 

Un percorso che spazia dagli esordi fino ai progetti più recenti, passando per schizzi, disegni, dipinti, fotografie, concept art, storyboard, pupazzetti, costume, opere in movimento, maquette, videoclip, installazioni scultoree a grandezza naturale. Mano a mano che si sale lungo la rampa, ci si catapulta nella vita “multiforme” e variopinta del regista, ripercorrendo l’evoluzione della sua immaginazione, in una sorta di autobiografia per immagini. E’ il mondo di “reietti incompresi” sempre al centro della sua produzione, outcast che faticano a integrarsi, che non si sentono come gli altri, che subiscono la violenza della società nei confronti di chi non somiglia ai suoi modelli. Ci sono le creature più amate ma anche i progetti cinematografici, televisivi o editoriali che si sono interrotti in diverse fasi del loro sviluppo, altri non usciti dalla “bozza”, altri portati a termine senza però trovare uno sbocco finale. Burton dipinge la realtà fisica non tanto come appare, piuttosto come la percepisce, distorcendo prospettive e punti di vista, giocando con la caricatura, modificando uomini, animali, esseri mitologici.

GLI ECHI

Nelle sue opere rieccheggiano echi di Bosch, Dalì, Kandisky, dei pittori metafisici, ma anche di fumettisti e illustratori classici, come Edward Gorey, Charles Addams, Don Martin e Dr, Seuss. Ma le influenze, soprattutto cinematografiche, spaziano dai film giapponesi di mostri al cinema espressionista, dai maestri dell’animazione stop-motion Geroge Melies e Ray Harryhausen agli horror. «Ho sempre amato i registi italiani, come Dario Argento, Mario Bava e federico Fellini – dice Burton – Ero ossessionato dai film horror e di fantascienza degli anni Sessanta e Settanta, e loro erano tra i migliori».  Una mostra che in fondo diventa una sorta di album dei ricordi di Burton, con le sue fonti di ispirazione, le sue paure, i suoi miti, le sue “favole” mostruose che raccontano, anche a colori, le nostre fobie, i nostri terrori più inconfessabili, i desideri che ci spaventano e nello stesso tempo ci attirano. Da vedere. 

Ultimo aggiornamento: 18:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA