«“Professò, è che non glielo so spiega’ a parole”. “Prova a scrivermelo allora”, rispondo sempre.
Un mezzo ottimo, anzi il “migliore” secondo Deiana per aprire una finestra sul mondo degli adolescenti. «Quel mondo – afferma - che troppo spesso ignoriamo, non capiamo, sottovalutiamo, fuggiamo. Ma io sono un privilegiato, perché insegnando a scuola ho la fortuna, ogni giorno, di vedere quanto quel mondo racchiuda perle di indicibile bellezza, di dolore autentico, di sogni ancora da decifrare e inseguire, ostinatamente, romanticamente. Come? Leggendo i loro temi, soprattutto. Accolgo dunque con entusiasmo questo concorso letterario, un tema a cielo aperto. Un trampolino per loro, un’occasione per noi. Un invito per i ragazzi a lasciarsi andare, a mettere nero su bianco quel che sentono davvero, quello che provano. Ciò che li spaventa, ciò che li entusiasma».
Cosa è importante per Deiana? «Rispondo di getto così: scrivere (e quindi leggere). Perché scrivere (e quindi leggere) ci libera, ci emoziona, ci fa compiere piccoli e grandi passi verso la consapevolezza di noi stessi e del mondo che ci circonda. Tante volte – continua - mi sono commosso leggendo i temi dei miei alunni, soprattutto di quelli più scapestrati. Nei loro errori, nelle loro storture grammaticali, nelle loro calligrafie impigrite dagli smartphone, colgo sempre lampi di imprevedibilità. Capisco i loro sentimenti, le loro frustrazioni, i loro traumi, i loro valori, appunto».
Il suo appello è conseguente: «Scrivete ragazzi, scrivete sempre. Che le parole sono autobus magici che raccolgono i vostri sentimenti lasciati a piedi in un giorno di sciopero, e che passano apposta per loro, per riportarli a casa. E ricordatevi sempre quel che cantava Roberto Vecchioni, parafrasando Fernando Pessoa: “Anche quando la guardi, anche mentre la perdi, quello che conta è scrivere. E non avere paura, non avere mai paura di essere ridicolo».