«Ringraziami che non ti ho sotterrato».
«Quella sera dovevamo andare a cena fuori - ha raccontato -, siamo partiti da casa e prima di arrivare al ristorante ci siamo fermati in un bar per fare l’aperitivo. Quando siamo ripartiti lui era arrabbiato con me, diceva che gli avevo mancato di rispetto davanti al barista. Ma in realtà voleva solo fare violenza e l’ha fatta a me. Così all’improvviso ha fermato la macchina in una stazione di servizio e mi ha pestato a sangue. Calci e pugni. Mi faceva male, io cadevo e lui gridava che dovevo alzarmi perché non gli piace picchiare la gente quando è a terra. Urlava che mi avrebbe voluto appendere ai ganci del mattatoio per picchiarmi. Poi mi ha raccolto e portato a casa, voleva che cucinassi per lui. Mi ha chiuso nel bagno e mi ha violentata. E quando ha finito di fare i suoi comodi, mi ha detto che dovevo ringraziarlo se non mi aveva seppellito alla stazione di servizio».
La donna, quella notte, dopo aver passato l’inferno si è chiusa in camera. «Sono stata a letto per due giorni. Stavo malissimo, non mangiano e non riuscivo ad alzarmi. Lui è arrivato con delle rose e un panino con la porchetta». A salvarla dall’inferno il fratello. «Non volevo chiamarlo - ha detto ancora -, non volevo renderlo partecipe della mia sofferenza. Ma alla fine non ce la facevo più. Lui mi ha portato al pronto soccorso, dove appena visitata hanno avviato al percorso rosa per le donne vittime di violenza. Io ero traumatizzata». A negare fermamente la violenza sessuale è stato ieri mattina l’imputato, detenuto al momento per un’altra causa. «E’ stato tutto regolare - ha affermato - non ho fatto nessuna violenza sessuale. Ci sono stati degli schiaffi perché lei era nevrotica. Ogni tanto scappava e non sapevo dove andava. Discutevamo». A spiegare perché nel corso della relazione, ogni tanto scappava è stata proprio lei: «La nostra relazione di un anno e mezzo è stata movimentata, è vero che io scappavo ma era l’unico modo per proteggermi da lui».
In aula ieri anche il fratello della vittima, che l’ha accompagnata al pronto soccorso, e l’ispettore della Mobile che ha raccolto la sua denuncia. Agli atti sono finiti anche i messaggi che la donna ha inviato al fratello per chiederle aiuto nel momento di disperazione e quelli che l'imputato furioso avrebbe mandato al fratello per spiegare, secondo lui, cosa era davvero successo. Si torna in aula il 19 marzo per la discussione e la sentenza».